CATANIA – Pubblici Esercizi e Polizia di Stato fanno rete a difesa delle donne grazie a una intesa raggiunta tra il Gruppo Donne Imprenditrici FIPE Confcommercio e il Ministero degli Interni per trasformare i locali in presidi di sicurezza sul territorio.
Anche le imprenditrici del gruppo FIPE di Catania hanno aderito all’iniziativa, spronate da Anna Urzì, che fa parte del direttivo nazionale ed è la referente del progetto nella nostra provincia.
“I bar e i pubblici esercizi costituiscono una rete di locali che ben si presta a diventare un vero e proprio sistema di controllo del territorio – spiega Anna Urzì, titolare del Bar Ernesto a Catania – Formando il nostro personale ci si può dedicare alla prevenzione e al contenimento della violenza sulle donne. Una violenza che troppo spesso finisce per incrociare in maniera diretta o indiretta i locali italiani. I casi di cronaca, infatti, ci raccontano di donne in fuga dai loro aguzzini che trovano rifugio nei bar o nei ristoranti aperti e di attenzioni eccessive e tutt’altro che ricambiate da parte di clienti insistenti. È essenziale che chi si trova a vivere queste situazioni sia formato e preparato ad affrontarle al meglio, a riconoscere i segnali di pericolo e a reagire di conseguenza. Per questo stiamo pensando anche ad un cocktail speciale che, se ordinato, sarà come la segnalazione di un disagio che si tradurrà in una richiesta di intervento delle forze dell’ordine”.
L’idea, nata lo scorso novembre, si è sviluppata e si tradurrà in un Protocollo d’intesa e in un road show per presentare e avviare iniziative concrete: promozione all’interno dei pubblici esercizi di una cultura di vicinanza e sostegno sia al personale femminile che alle clienti; informazione all’interno dei locali finalizzata alla formazione del personale per spiegare la violenza nei luoghi di lavoro; messa in atto di strumenti per far comunicare le donne in difficoltà o in caso di pericolo con le forze dell’ordine. Tutto questo con il coinvolgimento delle imprenditrici attive nel sindacato, per dar vita a una rivoluzione prima di tutto culturale, soprattutto in questo momento post pandemico, che vede le donne ancora più fragili, con un aumento delle violenze domestiche e un crescente dramma occupazionale.