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Appunti diVini: Donatella Cinelli Colombini e Casato Prime Donne a Montalcino in Toscana

La famiglia Montalcinese, con origini montalcinesi, ha prodotto brunello e vino e quindi aveva proprio delle forti radici nella vigna e fa parte un po' dei pionieri della produzione del vino Montalcino.

Donatella Cinelli Colombini Una donna infinita così come l’intervista su Casato Prime Donne e La Fattoria del Colle di Trequanda https://www.cinellicolombini.it/ Il progetto mira a riportare questo vino ai caratteri che Donatella ha scoperto giovanissima (1970-1980) nei vini di suo nonno Giovanni Colombini, uno dei capostipiti della denominazione montalcinese. Vini eleganti, verticali, freschi con forte impronta territoriale e insieme longevi. Il progetto Stile originario è iniziato nel 2011 con un progressivo ritorno alla manualità e alle antiche tradizioni di cui fa parte l’uso di tini di cemento nudo per la vinificazione.

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piccoli stralci dell’intervista video…

La famiglia Montalcinese, con origini montalcinesi, ha prodotto brunello e vino e quindi aveva proprio delle forti radici nella vigna e fa parte un po’ dei pionieri della produzione del vino Montalcino. Poi mia madre, che era capo della cantina di famiglia, quando decise di andare in pensione nel 1998, decise anche di dare l’azienda principale della famiglia a mio fratello Stefano. E quindi io gli disse che anche io volevo avere l’opportunità di produrre del vino col mio nome, col mio stile.

 

E quindi mi dettero due parti delle proprietà di famiglia, la fattoria del Colle, che era di mio padre, e una parte della fattoria della mia mamma, questo podere casato, che era un rudere. C’era un albero dentro, ecco, un fico, un bel fico grande, e poi intorno dei vecchi vigneti. E io sono partita da quello.

 

Per aiutarmi però mia madre mi aveva dato anche del vino in botte, perché il Brunello ha bisogno di un lungo periodo in botte di almeno due anni, e poi di cure assidue, per cui non è che lo metti lì e poi lo siedi fuori alla fine quando pensi a imbottigliarlo, ci vogliono una serie di cure quasi quotidiane. E io non sono un’enologa, perché io mi sono occupata di storia dell’arte medievale.

Per creare il mio team mi rivolsi alla Scuola di Enologia di Siena, Istituto Ricasoli. E la vicepreside mi disse, guardi, “gli studenti bravi sono tutti prenotati in anticipo, non è possibile”. Quando la richiamai le chiesi “ma di studentesse brave ce n’avete?” e lei rispose “guardi, di quelle ce n’è quante ne vuole, perché le cantine, le buone cantine non le prendono”. Più che fare convegni, fare libri, fare storie, bisogna dare una dimostrazione nei fatti che essere donna non è un handicap. Per cui io non prendo solo una cantiniera enotecnica donna, farò una cantina di sole donne. E all’inizio tutti ridevano, pensavano che fosse un’operazione di marketing. E addirittura i miei operai agricoli, io mi ricordo il primo Natale che facevamo dopo il brindisi degli auguri, io li sentivo scendere le scale e loro commentavano in dialetto, si vedrà come fa, non ci credevano neanche loro. E invece ce l’abbiamo fatta.

 

Pian pianino, pian pianino, uno dietro l’altro, a un ritmo di uno, due, un vigneto ogni anno, un vigneto ogni due anni, li ho ripiantati tutti. Proprio in questi giorni stiamo ripiantando l’ultimo dei vigneti vecchi di Montalcino. Adesso abbiamo 34 ettari di vigna e intanto pian pianino costruiamo le cantine, che da una poi diventarono due, una per Montalcino e una per la Fattoria del Colle.

Le prime decisioni che io ho preso le ho prese per contrasto. Mi dovevo distinguere dall’azienda madre. È arrivato molto dopo, ma tipo quindici anni dopo, il fatto che riprendi le radici da dove sei partita e di queste radici scegli quelle che ti senti tue, che vuoi continuare. Ma all’inizio certe scelte, per esempio, cominciamo con le barrique, cominciamo con uno stile di vino molto più moderno, sono state fatte per contrasto, più che per convinzione.

Anche perché io di vino sapevo poco o niente, che nell’azienda da cui provenivo mi occupavo della comunicazione del vino, di tutto l’aspetto della wine hospitality, del ristorante e della produzione di alimenti. Per cui cercai di sopperire sia studiando per conto mio, poi ho fatto tre corsi a Bordeaux, all’Università di Bordeaux, attraverso un programma della regione toscana che prevedeva dei piccoli corsi fatti a Firenze e poi dei corsi fatti a Bordeaux. E io ci sono andata tre anni.

Però ho imparato veramente tanto, ho imparato a studiare, a capire come si… le cose che ti servono davvero da quelle che ti servono meno. Poi pian pianino, pian pianino, anno dopo anno miglioravamo, tanto poi abbiamo avuto dei colpi di fortuna, perché senza quelli non ce la puoi fare.

 

Cioè ti trovi il vigneto dove non te l’aspetti, un vigneto che ti dà dei risultati straordinari. Il nostro si chiama Ardita, è due ettari e mezzo, è all’interno di un vigneto più grande, ma quello proprio straordinario è più piccolino.

 

Il terreno varia tanto, in questi 40 ettari di Montalcino abbiamo almeno tre tipologie di terreno principali. Quindi anche dentro lo stesso vigneto ci sono tipi di terreno diversi e il vigneto viene diviso in piccoli pezzettini e si raccolgono ogni pezzettino nel giorno di piena maturazione. Abbiamo una zona di terreno alluvionale perché ora è una specie di piccolissimo torrente, ma nei milioni di anni fa evidentemente era un fiumicello, quindi è un terreno alluvionale poi sabbioso e argille marine e poi abbiamo una zona di argille più pronunciate.

Il seguito dell’intervista nel video meraviglioso…

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Susanna Basile
Susanna Basilehttp://www.susannabasile.it
Susanna Basile Capo Redattore Psicologa e sessuologa
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