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Valentina Indaco presenta Valentina Indaco

Voce indiscussa dello storico gruppo catanese, che per un ventennio ha solcato i palchi siciliani, dalla televisione alla radio ed il rock and roll che ti entra dentro. Non è stato facile ottenere la sua intervista, e più che mai avere notizie sulla sua decisione di lanciarsi in solitaria in un campo difficile, come quello musicale. Come succede in tutti i mondi fantastici, quello della musica prende spunto dalla realtà, è un ring di suoni, passioni, amori, di novità e di scoperte, di dolori e gioie e in tutto questo, Valentina vuole solo una cosa: cambiare.  

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Chi è Valentina Indaco?
Sono nata a Catania, città nella quale vivo e che amo moltissimo. Ho iniziato a cantare, forse, prima di iniziare a parlare. La mia famiglia aveva un bar in un quartiere di periferia (San Leone conosciuto anche come S. Berillo nuovo) e ricordo che mio padre mi metteva sul bancone e mi faceva cantare davanti ai clienti. In famiglia la musica è sempre stata presente grazie, appunto, a mio padre grande appassionato collezionista di dischi e anche a mio nonno materno che era un musicista di musica popolare. Ricordo che ad una festa di famiglia lui era lì con il suo gruppo e ad un certo punto mi diede il microfono e mi fece cantare una canzoncina che avevo imparato all’asilo e poi, pensa, proprio una canzone di Rosa Balistreri. Cantare per me è stato molto naturale. Sono sempre stata affascinata dalle voci “divine” del Blues e del Jazz, dalle ballate Folk, amo moltissimo anche il country rock e il blues elettrico e naturalmente tutta la buonissima musica italiana, beh, ringrazio gli Dei per avermi dato questo dono prezioso, ogni giorno della mia vita!
Ti presenti al pubblico in una nuova veste?
“Valentina (sorride)” – Insomma diciamo pure che io, come penso anche tu caro Paolo, appartengo alla generazione X. Abbiamo vissuto il passaggio dall’analogico al digitale ed abbiamo imparato a farne uso, così come usavamo il baracchino con un nome in codice, così ho usato un “baracchino evoluto” usando un nick name, prima “Sunny Rockefella, adesso “Valentina Indaco”.

Cosa è per te la musica e come condiziona la tua vita privata?
In passato forse è stato complicato mettere a fuoco certe priorità. Oggi molto è cambiato nella mia vita privata e sto imparando a dare priorità a quello che è davvero importante e vitale per me. La musica è una di queste, non credo ci sia un momento della mia vita dove non ci sia musica, ma al di la di questo amo lasciare lo spazio per fare altro, non si vive solo di musica.
Le tue canzoni hanno spesso riferimenti sessuali? Perché questa scelta?
Hai detto bene! Spesso!  Non lo so. Dipende dall’esigenza del momento (e sorride ancora). Sono un “Epicurea”, prima di tutto il piacere. Si, più che altro mi piace scrivere testi “spinti” ma con leggerezza, non amo la volgarità, ricerco sempre la bellezza, e poi anche perché è un argomento che bene o male, tocca tutti da vicino. Amo ascoltare le canzoni italiane dei primi anni del ‘900, sono piene di doppi sensi, di allusioni di tipo sessuale, le trovo divine. Ma scrivo anche testi che trattano altre tematiche!
La scelta della lingua italiana per i tuoi testi… Ecco puoi dirmi se la nostra lingua è ancora internazionale o se ha perso oggi parte del suo fascino?
La risposta è molto semplice: perché vivo in Italia! – ride abbondantemente – beh, a volte scrivo anche in inglese dipende dal mood nel quale mi trovo. È ovvio che Scelgo di scrivere in italiano perché ho l’esigenza di farmi comprendere, di interagire emozionalmente con chi mi ascolta. Non so dirti se la nostra lingua abbia perso la sua internazionalità ma è sicuro che se chiedi ad un americano o ad un inglese o uno spagnolo di cantare “Volare” di Domenico Modugno o “Quando Quando” di Tony Renis, non ti dico la strofa, ma il ritornello te lo sapranno pur cantare, no? Naturalmente ho nominato dei Giganti, potevo dire anche Ramazzotti o Pausini o Albano e Romina che all’estero hanno il loro peso. Negli anni ’60 Elvis cantò O sole mio (It’s now or never) e Celentano Stand by Me (Pregherò). Tutto va contestualizzato in base al periodo storico che si vive! C’è stato un periodo, in cui pensavo che la nostra lingua non fosse adeguata alle sonorità anglo-americane. Col tempo ho capito che non è proprio così. Tanti artisti italiani ne sono testimonianza da Fred Buscaglione a Lucio Battisti. Oggi, posso dirti che per me, la lingua italiana si presta allo swing, al rock, al jazz, al pop, al blues al progressivo, alla musica latina, perché vedi, spesso non è una questione di “lingua”, bensì di conoscenza del “linguaggio”. E poi c’è “l’attitude”, che è fondamentale!

La voce, che rapporto hai con il tuo strumento? Raccontaci di voi due
Caro Paolo, posso dirlo usando le parole del Califfo: se sono triste canto piano se sono in forma canto forte, così affronto la mia sorte! Certo la voce è uno strumento molto delicato e va trattato con cura, da questo punto di vista sfioro quasi la paranoia. Ecco, questa cosa nella vita privata mi condiziona, ad esempio, non vado mai in spiaggia di notte ed ho il terrore dei luoghi umidi. Il rapporto con la mia voce è naturalmente strettissimo ed aver imparato ad “usarla” per me è un vero privilegio.
Come guardi la scena musicale attuale? Cosa ti piace, cosa invece ti inquieta?
Italiana? Estera?  Io sono cresciuta ascoltando Elvis. “A me mi piace il rock’n’roll” – ridendo di gusto. In Italia ci sono realtà molto carine e anche all’estero. Purtroppo siamo in un periodo storico dove si è già fatto tutto e quindi diciamo che anche le novità spesso non sono nulla di nuovo. Apprezzo chi non si lascia contaminare ma è anche vero che è impossibile al giorno d’oggi essere incontaminati musicalmente. Spesso chi vuole essere a tutti i costi originale, finisce per essere “disomologatamente omologato”. L’attenzione è concentrata sulla mediocrità, ma la bellezza esiste, basta ricercarla. Cosa mi inquieta? Mi inquietano i testi della musica trap, mi inquietano quei personaggi pieni di tatuaggi e piercing privi di contenuti, di background, che usano il vocoder sulla voce, li trovo orrendi!

Si può essere donna e musicista contemporaneamente? Cosa consigli alle ragazze che si approcciano al mondo musicale?
La donna musicista è cool, ma la musicista che sa essere anche una donna normale è il top! Ragazze, se volete entrare nel mondo della musica non copiate mai dagli altri, siate sempre autentiche, semmai vi dovesse servire, “rubate”!
Lo streaming è un potente mezzo di diffusione musicale oppure un malvagio essere che toglie risorse economiche agli artisti uccidendo la buona musica?
Lo streaming se usato bene da i suoi frutti. Adesso tutto l’aspetto artistico si esprime anche attraverso i social, devi seguire un certo iter per avere i social in regola – ride – dalle “stories” alle foto all’hashtag. – Continua con un sorriso diabolico – Andiamo avanti con un’altra domanda?

Pensi di essere un’interprete o una protagonista, dei tuoi lavori?
Ma che ne so? Le mie canzoni parlano di me, io sono attore e regista, racconto qualcosa di me interpretando me stessa.
I tuoi progetti futuri?
Non ho progetti futuri bensì progetti presenti, – continua sorridendo -. Ho finito di incidere le canzoni del mio primo lavoro da solista al quale sto lavorando da circa un anno, in collaborazione con Giorgio Indaco che insieme a me crea gli arrangiamenti, ma il mio è un progetto “open”, dove chi viene a dare il suo contributo può esprimere il proprio sentire musicale. Qualche giorno fa abbiamo estratto un primo singolo, si intitola “Sarà tutto diverso”.  Ne usciranno anche altri, siamo solo all’inizio di questa nuova avventura. Crepi l’avarizia!

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Paolo Zerbo
Paolo Zerbohttp://zarbos.altervista.org
Paolo Zerbo Direttore responsabile Laurea in Sociologia Communication skills and process model ICT developer
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