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Malattie rare, per l’ipofosfatasia Aifa approva rimborso terapia enzimatica sostitutiva

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(Adnkronos) – L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha approvato la rimborsabilità di asfotase alfa, una terapia enzimatica sostitutiva a lungo termine indicata per il trattamento di pazienti affetti da ipofosfatasia (Hpp) ad esordio pediatrico. La rimborsabilità è prevista nel caso la malattia insorga entro i 6 mesi di età o, in caso di un esordio pediatrico più tardivo (≥6 mesi di età), se si dovesse manifestare in forma severa. La decisione dell’Aifa di autorizzare la rimborsabilità di asfotase alfa – spiegano in una nota AstraZeneca, insieme ad Alexion, AstraZeneca Rare Disease – fa seguito all’approvazione da parte della Commissione europea nel 2015, come prima terapia approvata nell’Ue per il trattamento dei pazienti affetti da Hpp.  

L’ipofosfatasia è una malattia rara ereditaria, metabolica e sistemica che colpisce, nelle forme severe 1 persona su 300mila nella popolazione generale. E’ causata da una carenza di attività della fosfatasi alcalina (Alp), un enzima coinvolto nello sviluppo delle ossa e nelle funzioni del sistema muscolare e nervoso, che può portare ad anomalie scheletriche e non scheletriche. La diagnosi non arriva o arriva tardi a causa dei suoi sintomi diversi e non specifici e variabili: nei bambini, ad esempio, i segni includono perdita prematura dei denti decidui, deformità scheletriche, ritardo nel camminare e rachitismo. Negli adulti includono fratture (specialmente al femore e alle ossa del piede), pseudofratture, dolore muscoloscheletrico, affaticamento, anomalie dentali, difficoltà di deambulazione.  

L’approvazione della rimborsabilità di asfotase alfa si è basata sui dati clinici di 4 studi prospettici pivotali e delle loro estensioni, comprendenti 109 pazienti con Hpp a insorgenza pediatrica (dall’età neonatale fino ai 65 anni di età). I risultati hanno dimostrato che i pazienti pediatrici con Hpp trattati con asfotase alfa hanno ottenuto miglioramenti rapidi e duraturi nella mineralizzazione scheletrica, misurati dalle scale Rgi-C (Radiographic Global Impression of Change) e Rss (Rickets Severity Score) che valutano la gravità del rachitismo sulla base di immagini radiografiche. Nei pazienti adulti e pediatrici che hanno partecipato agli studi sono stati anche osservati miglioramenti in termini di dolore, disabilità, forza, agilità e mobilità a partire da 6 mesi di terapia, e continuativi nel corso degli anni.  

“L’ipofosfatasia è una malattia con un grave impatto sulla vita delle persone che ne sono colpite – afferma Maria Luisa Brandi, presidente Fondazione Firmo, Fondazione italiana ricerca sulle malattie dell’osso – E’ caratterizzata dalla riduzione della fosfatasi alcalina non specifica, causata da mutazioni del gene che permette la sintesi di questa proteina presente nell’osso e portando a un deficit di mineralizzazione ossea che, nelle forme più severe, può portare a danni progressivi a più organi vitali. Può manifestarsi già in epoca prenatale e alla nascita nelle forme più severe, o nei primi sei mesi di vita”. La malattia “può tuttavia manifestarsi anche successivamente e può non essere riconosciuta e diagnosticata in modo appropriato – chiarisce Brandi – Esistono infatti numerose varianti e ogni paziente sviluppa la malattia in forma diversa, pur all’interno di un quadro comune che vede, ad esempio, fratture atraumatiche delle ossa lunghe, dentizione anomala e dolore. Altri sintomi sono difficoltà motorie, debolezza muscolare, insonnia, ansia e depressione e disturbi respiratori, tutte manifestazioni aspecifiche che rischiano di essere scambiate per altri problemi di salute, causando quindi un ritardo diagnostico significativo, soprattutto tra gli adulti”. 

“Nel bambino l’ipofosfatasia è una malattia con ripercussioni rilevanti per l’intero nucleo familiare – sottolinea Marco Pitea, Dipartimento di Pediatria Irccs ospedale San Raffaele di Milano – Senza un trattamento, le famiglie già nei primi anni di vita possono affrontare problematiche legate allo sviluppo, alla crescita armonica e alla mobilità. Nel neonato possono presentarsi sintomi anche gravi con rischio di mortalità e morbilità elevato. Nel bambino ci possono essere complicanze severe come deformità ossee marcate, ritardo nelle tappe di sviluppo motorio e aumentato rischio di craniostenosi con possibili conseguenze neurologiche. La rimborsabilità di asfotase alfa rappresenta un importante passo avanti per i pazienti e le loro famiglie e dà a noi medici la possibilità di offrire un trattamento efficace e sicuro a una più ampia popolazione di pazienti”. Per Api, Associazione pazienti ipofosfatasia, la presidente Luisa Nico commenta: “Oggi è un momento decisivo per la comunità dell’Hpp, che dispone per la prima volta di una terapia approvata e rimborsata. Lì’ipofosfatasia è una malattia con un impatto devastante sulla qualità della vita e il nostro impegno sarà ancora maggiore per aumentare la conoscenza di questa patologia rara, e per ottenere una diagnosi precoce e più tempestiva ora che abbiamo a disposizione un trattamento efficace”. 

Dichiara Federica Sottana, Senior Country Medical Director di Alexion, AstraZeneca Rare Disease: “Essere a fianco delle persone che convivono con una malattia rara e dei loro caregiver è parte della nostra missione ed è con grande orgoglio che oggi annunciamo un traguardo fondamentale per la comunità dell’ipofosfatasia in Italia, che avrà finalmente a disposizione un trattamento efficace. Come azienda siamo impegnati nella ricerca e sviluppo di terapie innovative per le persone con malattie rare. Continueremo a lavorare al fianco di medici, associazioni di pazienti e istituzioni, consapevoli che è solo attraverso un approccio collaborativo e di sistema che potremo raggiungere il nostro obiettivo”. 




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