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De Bernardi (Unibo), “Kiev rinunciò a potenziale deterrenza nucleare per autodeterminarsi”

Per lo storico dell'Università di Bologna, Kiev non disattenderebbe gli accordi del 1991, così come denunciato invece dal collega Luciano Canfora. E conclude De Bernardi "Il successo della democratizzazione dell'Ucraina è per Putin la minaccia peggiore"

Roma, 11 mar.  – Kiev non disattenderebbe gli accordi del 1991 presi in seno alla Comunità degli Stati indipendenti (Csi), così come sostiene Luciano Canfora, secondo cui, fra Russia e Ucraina, ad avere il torto di voler prevaricare sarebbe quest’ultima. Questa la tesi dello storico dell’Università di Bologna Alberto De Bernardi, che, parlando con l’Adnkronos, pone l’accento sul fatto che ”l’Ucraina ha rinunciato al suo potenziale di deterrenza nucleare, che ha interamente ceduto all’Unione Sovietica, in cambio della possibilità di autodeterminare il proprio futuro, di essere un Paese sovrano che possa scegliere dove stare nel mondo, se stare in Europa e nella Nato”.
Diversamente, sottolinea, “oggi l’Ucraina sarebbe un Paese nucleare. Delle proprie decisioni, l’Ucraina deve rispondere soltanto ai propri cittadini. Perché alla base c’è il dato di fatto che l’Unione Sovietica non c’è più e, immaginare a distanza di trent’anni come potrebbe essere il mondo se l’Urss non si fosse sciolta, è francamente ridicolo. Perché in questo arco temporale sono avvenuti processi complessi sul piano economico, sociale e geopolitico, e l’Ucraina è uno stato indipendente senza alcun rapporto con l’Ucraina che era dentro l’Unione Sovietica e che oggi intende seguire un proprio cammino. La sua collocazione in termini strategici la deve decidere il popolo ucraino, non Putin”.

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”E’ chiaro – aggiunge De Bernardi – che in sede di negoziati potrebbero esserci soluzioni che garantiscano entrambi gli interlocutori, ma stabilire a tavolino, solo perché lo ha deciso Putin, che l’Ucraina debba essere neutrale come la Svizzera è una decisione che non spetta alla Russia. A guerra finita, i negoziati potranno portare a decisioni anche a salvaguardia delle istanze di sicurezza russe, che nessuno contesta o minaccia, men che mai l’Ucraina e piuttosto è vero il contrario. Per ora – dice ancora lo storico – sarebbe prematuro e fuori luogo che la Nato accettasse un’eventuale adesione dell’Ucraina. Dunque la sua adesione al Patto Atlantico è una minaccia inesistente perché la Nato non ha mai deciso di inglobare l’Ucraina. E’ piuttosto una bandiera rossa che viene sventolata ideologicamente. Tra l’altro non c’è neanche, al momento alcuna adesione all’Unione Europea, per ottenere la quale occorre un lungo cammino dovendosi soddisfare alcuni requisiti che ancora l’Ucraina non possiede”.

 

”Da Kiev non è arrivata nessuna minaccia, di nessuna natura, alla Russia. L’Ucraina è un Paese dell’Europa che semplicemente guarda all’Occidente invece di guardare alla Russia, perché è interessato ad avere un futuro democratico e libero, quello che è possibile in Europa, dato che spostandocisi progressivamente a Est, viene man mano a mancare lo Stato di diritto. Lo dimostra il fatto che i corridoi umanitari, provocatoriamente aperti verso la Russia, non sono percorsi da alcuno sfollato ucraino, perché il modello sociale e politico di Mosca è inaccettabile dagli ucraini che vogliono la democrazia. La Russia non ha appeal per nessuno se non per alcuni ideologi che ci sono soltanto in Italia, amanti del mondo che fu della Guerra Fredda”. Lo dice all’Adnkronos lo storico dell’Università di Bologna Alberto De Bernardi, commentando le parole del collega Luciano Canfora secondo cui, fra Russia e Ucraina, ad avere il torto di voler prevaricare sarebbe stata quest’ultima.

Secondo De Bernardi, ”nessun Paese ha interesse a esasperare le tensioni nei confronti della Russia, perché l’Occidente è più responsabile di Putin, che ha messo in gioco perfino la possibilità dell’utilizzo delle armi nucleari, cosa che l’altro fronte cerca in tutti i modi di impedire. Non si può fare altro che trattare, in continuazione, mettere pressione a Mosca per obbligarla a una trattativa alla quale per adesso sta sfuggendo. Bisognerebbe che ci fosse un vero tavolo per il negoziato, che costringesse in tutti i modi Putin a partecipare alle trattative. Per farlo, dato che noi non possiamo utilizzare le armi che lui invece abbondantemente adopera, noi abbiamo l’unica arma delle sanzioni che stiamo portando avanti in maniera dura. Bisogna procedere su questa linea senza perdere l’unità dell’Occidente nel colpire l’economia già debolissima della Russia. Solo in questo modo sarà difficile che Putin possa continuare a fare la guerra”.

“Potremmo dire – prosegue lo storico – che la Russia è un Paese del Terzo Mondo che vende le proprie risorse naturali come il gas in cambio di tecnologie che non è in grado di produrre: non ha la forza di reggere uno scontro militare per troppo tempo e bisogna colpire attraverso le sanzioni la classe dirigente, gli oligarchi, in modo tale che venga meno la coesione esistente fra economia, politica e militare che di fatto governa oggi la Russia. E poi bisogna armare la resistenza ucraina, consentendo al popolo di difendersi: si tratta di aiutare uno Stato straniero che ha subito un’invasione da parte del Governo russo composto dagli oligarchi attorno a Putin e che intendono ricostruire l’impero sovietico e zarista, ridefinendo l’ordine geopolitico mondiale. Conclusione – sottolinea – più ideologica che effettivamente realizzabile. Ciò che minaccia la Russia è il fatto che intorno a sé si consolidino delle democrazie di Stato, mentre è interessata ad avere intorno Stati cuscinetto che hanno modelli politici di carattere dittatoriale. Da questo punto di vista, l’Ucraina sarebbe un’eccezione intollerabile, una minaccia insopportabile per Putin, perché andrebbe a rafforzare quelle componenti della Russia che vogliono un ordine democratico e a superare la dittatura oligarchica che governa il Paese da 20 anni. Il successo della democratizzazione dell’Ucraina è per Putin la minaccia peggiore”.

“Definire aberranti le dichiarazioni di Canfora è un eufemismo”. Lo dice all’Adnkronos Alberto De Bernardi, professore dell’Università di Bologna, dove ha insegnato Storia contemporanea e Storia Globale, critico riguardo le posizioni sulla guerra espresse dal collega Luciano Canfora, che equipara all”’ultimo propagandista di Putin, perché non riconosce che in Ucraina c’è una guerra di aggressione e imputa alle vittime di essere responsabili della tragedia. Canfora – aggiunge – non ha ancora smaltito ideologicamente la fine del comunismo e il crollo dell’Unione Sovietica, confondendo Putin e la Russia di ora, una dittatura ultranazionalista, con la tradizione già tragica del comunismo, con cui non ha nulla a che vedere”.
Per De Bernardi, Canfora – secondo cui l’Ucraina avrebbe la colpa di aver disatteso gli accordi del 1991 presi in seno alla Comunità degli Stati indipendenti (Csi), oltre a quella di voler entrare nella Nato, costituendo, con questa decisione, un pericolo a pochi chilometri da Mosca – farebbe “una grande confusione, che fomenta i rimasugli ideologici anti americani che abbiamo visto alla manifestazione di Roma e con Landini: l’idea che tutto ciò che sta accadendo è dovuto alla Nato e all’imperialismo americano… come se la Russia di Putin fosse il Cile di Pinochet. La sua sovrapposizione dei fatti squalifica una persona come Canfora che ha tutti gli strumenti culturali per capire bene cosa sta accadendo. E se non li utilizza lo fa per una subordinazione a una ideologia talmente rigida che gli impedisce di capire il mondo”.

“Tutto questo è molto grave – prosegue De Bernardi – Significa essere un cattivo maestro, disorientare le giovani generazioni, che ripetono a pappagallo nelle manifestazioni ‘né con la Russia, né con la Nato’, che sono le prime vittime di cattivi maestri come il nostro Canfora che dovrebbe invece aiutare i giovani a capire cosa sta succedendo. C’è poi l’elemento finale che dimostra il fatto che tutta quella generazione di comunisti come lui non è minimamente interessata alla democrazia, perché è del tutto evidente che non capisce un dato di fatto elementare, e cioè che gli ucraini vogliono essere liberi di scegliere dove stare nell’ordine internazionale, di scegliere il loro futuro, di avere il diritto all’autodeterminazione, uno dei sacri principi attorno a cui è stato costruito l’ordine mondiale dopo la Seconda Guerra Mondiale”.
(Cristiano Camera/Adnkronos)

 

 

 

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