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Formaggi, nuovi trend di consumo, marketing e comunicazione

PALERMO – La crisi indotta dalla pandemia Covid-19 sta profondamente cambiando il modo di vivere e consumare della gente, proponendo nuovi trend e nuove soluzioni di marketing. Studi condotti nel settore caseario, nell’ambito del progetto Canestrum casei, hanno dimostrato che il consumatore oggi vuole più informazioni sulla salubrità del prodotto e sulla tracciabilità alimentare ed è attento ai temi della sostenibilità ambientale, sociale ed economica e all’individuazione di prodotti tradizionali. Da qui la necessità di modificare l’approccio con la comunicazione di questi prodotti in un mercato in continua evoluzione. È di questo che si è parlato nei giorni scorsi nel corso del webinar dal titolo “La comunicazione e il marketing del caseario: trend di consumo, desideri e analisi della comunicazione” che ha visto la partecipazione di numerosi addetti ai lavori e studenti universitari, inserito nel ciclo di webinar “CHI (RI)CERCA TROVA” organizzato da AGER AGroalimentare E Ricerca, associazione senza fini di lucro formata da un gruppo di Fondazioni di origine bancaria con l’obiettivo di promuovere la ricerca scientifica nell’agroalimentare italiano. Tra i progetti di ricerca finanziati vi è Canestrum casei che ha come protagonisti 15 formaggi del Sud Italia (DOP, IGP e PAT) a forte rischio di estinzione. Un progetto importante che si sta avvalendo dell’attività di ricerca svolta dall’Università di Catania e dei vari partner, UNIPA, UNIME, AGRISIS Sardegna, Fondazione MEDES, CREA, Fondazione Università di Catanzaro Magna Graecia, Università della Basilicata, e che ha potuto contare su ricerche decennali a difesa delle produzioni tradizionali/storiche e della cultura casearia dei diversi territori. Dei formaggi facenti parte di Canestrum casei ora, grazie alla IULM, si stanno studiando tutti quegli aspetti che consentiranno di poter sviluppare strategie comuni per la loro comunicazione, promozione e marketing.

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Il webinar ha avuto tra i relatori Vincenzo Russo, Professore Associato di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing alla IULM di Milano. “Gli studi sull’argomento mettono in luce la necessità di implementare le strategie di comunicazione per spiegare meglio i prodotti tradizionali agroalimentari – ha dichiarato il prof. Russo -. Il periodo della pandemia ha messo in luce le paure del consumatore di oggi: la sua fiducia si è abbassata, è più diffidente e disorientato. La seconda ondata ha colto di sorpresa gli europei, arrivando prima e più forte del previsto e alimentando i timori di future perdite di posti di lavoro. Allo stesso tempo, il consumatore ha rivolto la sua attenzione alla naturalità, ai temi della sostenibilità ambientale e in lui è cresciuto il valore della socialità e dei legami autentici, il piacere dello stare insieme, riscoprendo l’essenziale. Ci si sta spostando sempre più verso ciò che è local”. Il consumatore, sempre più consumer-teller, è alla ricerca di nuove narrazioni. E a detta dell’esperto della IULM è il momento di investire in brand reputation, esprimendo i valori insiti nelle cose che si fanno, il proprio impegno nel migliorare il mondo, mostrando il saper lavorare con gli altri, comunicando tutto con emozione ed empatia. Il settore lattiero caseario registra purtroppo un deficit nella comunicazione: spesso il formaggio non ha un’identità propria e la sua presenza sui social ed on line è scarsa o addirittura nulla. “Occorre saper raccontare l’autenticità di questi prodotti, educando il consumatore al significato di latte crudo, attraverso una narrazione trasversale che sappia cogliere la complessità dei 15 formaggi del progetto Ager – aggiunge il prof. Russo-. L’autenticità potrebbe essere espressa nella narrazione, ad esempio, attraverso l’utilizzo dei volti dei produttori e scene legate all’immaginario collettivo dei territori (pianure, colline, monti). Inoltre, si rende necessario fare storytelling sulle certificazioni e le garanzie fornite dall’azienda in merito a sapore e sicurezza tanto richiesti dai consumatori e, altro aspetto fondamentale, occorre saper sfruttare la dimensione emozionale più che quella descrittiva”.

Ma quali sono i comportamenti di acquisto e consumo dei formaggi dei consumatori? È stato fatto in merito un confronto tra due importanti Paesi quali l’Italia e la Francia. Margherita Zito, Assistant Professor in Consumer Psychology and Neuromarketing alla IULM di Milano, nel corso del suo intervento ha illustrato i principali dati di ricerca svolti su un campione italiano di 400 soggetti e su un campione francese di 200 soggetti che ha viaggiato in Italia nell’ultimo anno. Tra i dati più significativi quello relativo alle abitudini di consumo che vede i Francesi consumare il formaggio come dessert molto più degli Italiani, i quali invece preferiscono usarlo a pranzo o nei secondi piatti molto più dei francesi. Che la confezione sia richiudibile e trasparente e che l’etichetta sia chiara, con la presenza di certificazione, è importante per entrambi i campioni, anche se i Francesi richiedono qualcosa in più e cioè che sia anche innovativa, con immagini e colorata. Ad ogni modo, tutti i consumatori come precisato dalla prof.ssa Zito “sono attenti alla qualità e all’origine per supportare le economie locali, alla ricerca del marchio di certificazione come garanzia di qualità   e sono attenti anche alla naturalità dei prodotti e alla sostenibilità ambientale e animale nonché alla salubrità e sicurezza alimentare e, infine, al gusto e alle caratteristiche organolettiche appaganti”.

Un’analisi dettagliata dell’attuale comunicazione dei formaggi rientranti nel progetto Ager ma soprattutto delle strategie di miglioramento da mettere in campo è stata tracciata da Claudia Alba e Michele Corbetta referenti del Master in Food&Wine Communication della IULM di Milano mentre a concludere il webinar sono state alcune considerazioni affidate al dott. Paolo Leone dell’Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria del CNR. A detta di Leone sarà sempre più importante in futuro “non solo informare il consumatore ma formare chi ne è addetto alla vendita, in particolare se i formaggi trovano posto nelle piccole botteghe”.

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