L’avvocato Claudio Basile chiarisce alcuni interrogativi che riguardano questo strumento legislativo.
Che cos’è un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri?
Si tratta di un decreto emanato dal presidente del Consiglio che non deve essere vagliato dal Presidente della Repubblica né approvato dalle Camere. Non ha la forza di una legge ma è più simile a un regolamento.
Il problema di diritto costituzionale
Il coronavirus sta apparentemente legittimando uno strapotere del governo sul Parlamento: quello per fronteggiare il coronavirus è un vero e proprio regolamento monitorato a distanza anche dal Quirinale. Tutti i costituzionalisti si interrogano sulla opportunità ed efficacia di questa modalità decisionale. Il grande tema è se si possano limitare le libertà di movimento, di istruzione e di impresa attraverso decreti.
I passaggi costituzionali
Fra i costituzionalisti per ora i passaggi vengono considerati sostanzialmente corretti. A gennaio l’Oms ha dichiarato lo stato di emergenza sanitaria mondiale, il 31 gennaio il governo ha dichiarato a sua volta lo stato d’emergenza sanitaria per sei mesi ed ha emanato un decreto legge, il 23 febbraio, che prevedeva misure urgenti. Per molti studiosi questi primi passi, insieme allo stato d’emergenza dichiarato dal Consiglio dei Ministri costituiscono un quadro adeguato a giustificare i provvedimenti successivi, anche se emanati con un dpcm. Insomma staremmo seguendo le regole dello Stato di diritto anche se i valori e i diritti costituzionali in gioco, a cominciare dal bene pubblico passando per la salute, potrebbero far sembrare una forzatura il mancato passaggio del decreto dal Parlamento per la sua approvazione.
I punti deboli
Alcuni fra i costituzionalisti riconoscono che sta prendendo forma un “diritto costituzionale d’emergenza”, con lati positivi ma anche con alcuni aspetti problematici. L’uso reiterato del dpcm poi sta suscitando altri dubbi: perché non usare lo strumento del decreto legge, magari reiterandolo, invece di una fonte di rango secondario che non passa nemmeno dal vaglio del Quirinale? Infine il testo è spesso vago e va poi spiegato con molti interventi successivi e questo disorienta i cittadini.
Il funzionamento del Parlamento
Il tema del funzionamento del Parlamento è un tema che va posto. Siamo in condizioni di emergenza e non si possono applicare le normali regole, con il rischio della paralisi. Ricorrere alla riduzione proporzionale delle presenze dei vari gruppi, reca con sé alcuni interrogativi: e se un determinato gruppo parlamentare risultasse maggiormente colpito dal virus e quindi fosse impossibilitato a garantire la seppur minima presenza in Aula? In questo caso si avrebbe una alterazione dei rapporti di rappresentatività e di forza.
Il voto a distanza
La soluzione migliore sarebbe allora il voto a distanza, tra l’altro già adottato in alcuni parlamenti, come quello catalano. Del resto l’articolo 64 comma 3 della Costituzione, che dispone che il parlamento delibera a maggioranza dei presenti non impedisce il voto a distanza, perché non fa un esplicito riferimento alla presenza fisica, quindi non vi è alcun divieto della Carta. Si potrebbe quindi procedere con l’accordo di tutte le forze politiche. Il Presidente della Camera convoca la Giunta e chiede il consenso dei gruppi per introdurre una modifica regolamentare che consente in via eccezionale il ricorso al voto telematico. La condizione è che ci sia l’accordo di tutti i gruppi, l’unanimità di tutte le forze politiche. In questo modo non si verrebbe a ledere il diritto di nessuno.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e il voto a distanza a cura dell’avvocato Claudio Basile
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