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Barcellona Pozzo di Gotto(ME): truffa su ecobonus, scatta sequestro per 1,7 mln di euro

Il provvedimento eseguito dalla Guardia di finanza a carico di 4 indagati e di un istituto di credito

Una maxi truffa sugli ecobonus è stata scoperta dalla Guardia di finanza di Messina che ha eseguito un provvedimento di sequestro preventivo per circa 1,7 milioni di euro, emesso dal gip di Barcellona Pozzo di Gotto, nei confronti di quattro persone fisiche e di un istituto di credito. A fare scattare le indagini, coordinate dalla Procura di Barcellona Pozzo di Gotto, sono state alcune anomale movimentazioni di denaro, consistenti in giroconti bancari disposti dagli stessi indagati a favore di conti correnti esteri loro riconducibili, con la causale ‘accredito per cessione crediti d’imposta’. E’ stato così possibile fare luce su un sistema fraudolento ideato per lucrare sui benefici fiscali introdotti dal decreto ‘Rilancio. In particolare, i finanzieri della Compagnia di Milazzo hanno accertato come gli ingenti flussi finanziari, oltre 800.000 euro, provenissero, a loro volta, da un istituto di credito che aveva monetizzato ad alcuni contribuenti i crediti delle agevolazioni fiscali riconducibili ai cosiddetti ‘ecobonus – sismabonus – bonus facciate – bonus recupero patrimonio edilizio’, ceduti tramite la piattaforma ‘cessione crediti’ dell’Agenzia delle Entrate.

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Grazie ai dati forniti dall’Agenzia delle Entrate e dagli Enti locali, a sopralluoghi e complessi accertamenti bancari, le Fiamme gialle hanno ricostruito ulteriori ingenti crediti, ottenuti dall’inserimento nei sistemi informatici di dichiarazioni false predisposte dagli indagati per ottenere i vantaggi fiscali messi a disposizione dallo Stato per la ristrutturazione del patrimonio edilizio. In particolare, sarebbe emerso come i richiedenti non avessero appaltato ad alcuna ditta i lavori di manutenzione né, tantomeno, ricevuto alcuna fattura corrispondente agli importi autocertificati nelle istanze. “Non solo non vi era traccia di alcuna obbligatoria comunicazione di inizio lavori, le cosiddette Cila/Cilas, ai competenti uffici comunali – spiegano gli investigatori delle Fiamme gialle -, ma gli indagati non risultavano neanche proprietari degli immobili o conduttori, a qualunque titolo, dei medesimi. I fittizi crediti fiscali venivano ceduti dagli indagati a un istituto creditizio, per la successiva monetizzazione, arrivando persino a frazionare l’ammontare complessivo, attraverso plurime cessioni, con l’intento di eludere la normativa antiriciclaggio”.

 

 

 

 

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