Gli investigatori della Polizia di Stato il 21 gennaio hanno consentito di individuare tre persone, due italiani e un tunisino, responsabili del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (c.d caporalato), con l’aggravante costituita dal fatto che il numero dei lavoratori reclutati era superiore a tre. Nei confronti dei tre soggetti è stata eseguita la misura cautelare del divieto di dimora a Pachino, con prescrizione agli indagati di non accedere al Comune senza l’autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria e, nei confronti di uno di essi, titolare dell’azienda agricola, è stata, altresì, eseguita la misura cautelare del divieto temporaneo di esercitare l’attività, per la durata di un anno.
L’ordinanza di applicazione della misura cautelare giunge all’epilogo di una complessa e articolata attività di indagine, condotta dagli investigatori del Commissariato di P.S. di Pachino, svolta avvalendosi di intercettazioni telefoniche e di immagini estrapolate dalle telecamere installate nei vari obiettivi, nel periodo compreso dal 4 al 24 luglio 2020.
L’attività di indagine metteva in luce che, alle dipendenze dell’impresa, vi erano soprattutto lavoratori irregolari, per lo più di nazionalità straniera, privi di permesso di soggiorno e di stabile occupazione, impiegati occasionalmente e posti in condizioni lavorative di sfruttamento.
Da tale attività emergevano, altresì, le modalità di reclutamento di tale manodopera irregolare, impiegata dall’imprenditore agricolo, il quale si avvaleva, in particolare, dell’ausilio di un cittadino straniero di origini tunisine, incaricato di reclutare manodopera, poi gestita sui vari luoghi di lavoro dai diversi “massari” alle dipendenze dell’azienda. Nella prospettazione accusatoria, gli indagati avrebbero dolosamente violato le norme del contratto collettivo di categoria in materia di retribuzione, di riposi, e le disposizioni che tutelano la salute e la sicurezza sul lavoro dei dipendenti.