Alle prime luci dell’alba i finanzieri del Nucleo speciale di Polizia valutaria hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dalla Corte d’Appello di Palermo, nei confronti dei fratelli Gaetano e Giovanni Fontana, ritenuti esponenti di vertice della famiglia mafiosa dell’Acquasanta. Erano stati indagati nell’ambito di un’operazione coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo che, nel 2020, aveva portato alla denuncia di oltre 100 persone accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, intestazione fittizia di beni, riciclaggio e autoriciclaggio. Le indagini, culminate con l’arresto di 90 indagati, avevano permesso di accertare come, nel vuoto di potere venutosi a creare a seguito dei numerosi provvedimenti di custodia cautelare che avevano interessato nel tempo il mandamento mafioso di Resuttana, nei territori palermitani dell’Arenella e dell’Acquasanta si fosse realizzata l’ascesa della famiglia mafiosa Fontana, di cui alcuni esponenti si erano stabiliti a Milano pur mantenendo i contatti col territorio palermitano.
“Significativi riscontri – spiegano le Fiamme gialle – avevano dimostrato l’opprimente presenza della criminalità organizzata sul territorio di riferimento, avvalendosi di numerosi soggetti dediti ai più tradizionali delitti di matrice mafiosa strumentali al capillare controllo del territorio anche sotto il profilo economico”. Era, inoltre, emerso che gli ingenti proventi delle condotte criminali realizzate sul territorio palermitano – in parte utilizzati per il mantenimento dei familiari dei detenuti – fossero stati riciclati diversificando gli investimenti, in Sicilia e in Lombardia, in molteplici settori imprenditoriali e attraverso l’acquisizione di immobili. Per tali motivi era stato disposto il sequestro del patrimonio illecitamente accumulato. Nella tarda serata di ieri la Corte d’Appello di Palermo ha riformato, nei confronti di tre imputati, la sentenza di primo grado del Tribunale di Palermo che non aveva ritenuto sussistente nei loro confronti il reato di associazione di stampo mafioso, ritenendoli, invece, responsabili anche di tale delitto e condannandoli rispettivamente a 11 anni, 10 anni e 8 anni e tre mesi di reclusione. Al termine della Camera di consiglio, su richiesta del procuratore generale, la Corte d’Appello di Palermo ha emesso, considerando concreto il pericolo di fuga per due dei tre soggetti, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. La misura è stata eseguita a Milano dai finanzieri del Nucleo speciale di polizia valutaria.