Associazione a delinquere di stampo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, estorsione e spaccio di stupefacenti aggravati dal metodo e dall’agevolazione mafiosa, nonché traffico di influenze, violazione di segreto d’ufficio e porto e detenzione illegale di armi. Sono le accuse con cui la polizia di Trapani, su delega della Dda di Palermo, ha dato esecuzione a un provvedimento cautelare restrittivo nei confronti di 10 soggetti, tutti residenti in provincia di Trapani. Eseguiti anche 8 decreti di perquisizione personale e domiciliare, emessi nei confronti di altrettanti soggetti indagati a vario titolo per traffico di influenze, violazione di segreto d’ufficio e porto e detenzione illegale di armi.
L’inchiesta, avviata nel maggio 2021 dalla Squadra mobile di Trapani e condotta unitamente a personale della Squadra mobile di Palermo, del Sisco e del Servizio centrale operativo della polizia, ha portato alla luce i nuovi assetti e “il rinnovato dinamismo criminale” delle famiglie mafiose di Alcamo e Calatafimi. In particolare, nel tentativo di colmare il vuoto progressivamente creatosi dopo una serie di arresti, la famiglia mafiosa alcamese avrebbero individuato il nuovo vertice in un pregiudicato locale che avrebbe esercitato la reggenza valendosi di numerosi sodali. Stessa cosa sarebbe avvenuta nella famiglia di Calatafimi dove il ruolo di reggente sarebbe stato attribuito ad un altro pregiudicato.
Le indagini hanno consentito di ricostruire una serie di episodi estorsivi, alcuni consumati altri solo tentati, ai danni di imprenditori locali che dovevano versare 50mila euro nelle mani di un uomo di fiducia del capo famiglia alcamese. Tra le vittime, un imprenditore di Castellammare con interessi nel settore della distribuzione alimentare e del mercato immobiliare, e due imprenditori alcamesi attivi nel settore dell’edilizia, del movimento terra e della vendita di auto. Anche il titolare di un maneggio sarebbe stato costretto ad abbandonare l’azienda in seguito a contrasti con un soggetto vicino al sodalizio mentre la minaccia di condotte ritorsive avrebbe costretto un buttafuori trapanese ad abbandonare il proprio lavoro in un esercizio commerciale in favore del figlio di un noto pregiudicato del posto, destinatario del provvedimento cautelare.
Fra gli interessi del sodalizio anche lo spaccio di droga, condotto anche grazie all’apporto di fornitori albanesi, e la detenzione di armi che venivano nascoste dagli indagati e nella disponibilità del gruppo, “evidenziando così – sottolineano gli inquirenti – la trasversalità e la caratura criminale dei sodali”. Nel corso delle indagini, uno degli appartenenti al gruppo criminale è stato arrestato per detenzione ai fini di spaccio di oltre 9 chili di marijuana. In quella occasione, nel corso della perquisizione, sono stati inoltre rinvenuti 2 fucili a canne mozzate calibro 12 rubati e il relativo munizionamento.
Scambio elettorale politico-mafioso. E’ una delle accuse con cui la polizia di Trapani, su delega della Dda di Palermo, ha dato esecuzione a un provvedimento cautelare restrittivo nei confronti di 10 soggetti, tutti residenti in provincia di Trapani. L’inchiesta ha documentato l’esistenza di “un connubio affaristico-mafioso in grado di condizionare, anche dietro corrispettivo in denaro, il libero esercizio del consenso elettorale”. In occasione delle elezioni regionali siciliane del settembre 2022, l’organizzazione criminale avrebbe indirizzato il voto locale in favore di un candidato alcamese, coordinatore provinciale del movimento politico VIA, “cristallizzando chiari indizi di colpevolezza nei confronti di un ex senatore alcamese”, ispiratore del movimento. Secondo gli inquirenti, il politico si sarebbe fatto promotore di una richiesta di voti alla famiglia mafiosa, dietro un compenso in denaro pari a circa 3mila euro, in occasione delle regionali.
C’è anche l’ex senatore del Pd Antonino Papania tra le persone arrestate all’alba di oggi a Trapani nell’ambito dell’inchiesta coordinata dalla Dda di Palermo. L’indagine ha documentato l’esistenza di “un connubio affaristico-mafioso in grado di condizionare, anche dietro corrispettivo in denaro, il libero esercizio del consenso elettorale”. Le indagini condotte dalle squadre mobili di Trapani e Palermo con la Sisco hanno scoperto che l’esponente politico avrebbe pagato la somma di duemila euro al clan mafioso di Alcamo, per sostenere un suo candidato nella corsa all’Assemblea regionale siciliana, durante le elezioni del 2022.
In manette anche l’ex vice sindaco di Alcamo, Pasquale Perricone, che secondo i magistrati sarebbe stato l’intermediario fra Papania e il clan.