Il 18 aprile 2015 più di 1100 persone persero la vita nel tentativo di raggiungere le coste italiane a bordo di un peschereccio di nazionalità eritrea. Il peschereccio affondò a circa 100 chilometri a nord della costa libica e a 200 a sud dell’isola di Lampedusa. Oggi l’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, invita a ricordare nella preghiera quelle vittime e tutti i naufraghi del Mediterraneo, definito da Papa Francesco “il più grande cimitero d’Europa”.
Nel suo discorso alla città del 15 luglio 2020, Lorefice disse: “Il Mediterraneo è lo stesso mare nel quale oggi finiscono le vite e le speranza di tante donne e di tanti uomini dell’Africa e del Medio Oriente, spinti dalla fame e dalla guerra verso il nostro Occidente e sottoposti per questo ad un esodo disumano: abbandonati nel deserto, catturati e torturati nei campi di concentramento libici, lasciati morire in mare o magari crudelmente respinti. Basta con gli stratagemmi internazionali, con i respingimenti, basta con le leggi omicide. L’inferno per questi nostri fratelli è diventato questo ‘mare salato’ per le lacrime dei disperati che vi sono affondati senza riparo, senza una mano che li soccorresse, nella distruzione di ogni speranza. Per questo chiedo il tuo sostegno, Rosalia, perché il mare di Palermo, il nostro Mediterraneo, torni ad essere uno spazio di pace e di concordia tra i popoli. Un mare dolce, un mare ospitale”.
I corpi dei migranti morti il 18 aprile 2015 sono stati recuperati e sepolti nei cimiteri italiani e maltesi mentre il relitto si trova nel porto di Augusta. Il Comitato 18 Aprile si sta adoperando affinché si avvii un’azione per preservare l’imbarcazione e con essa la memoria della tragedia. Sempre il Comitato – in collaborazione con l’Arcidiocesi di Siracusa, la Guardia costiera, la Stella Maris l’Autorità di Sistema portuale del mar di Sicilia orientale, il Comitato Welfare, la Fondazione Migrantes e la Caritas Diocesana – ha organizzato per oggi una giornata commemorativa in memoria del naufragio.