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Mons. Baturi (segretario generale CEI) a Catania per i 30 anni dalla visita pastorale di Giovanni Paolo II

Il segretario della CEI ha sottolineato che Giovanni Paolo II proponeva una “concezione dell’uomo come essere religioso e dialogante”

«Il segreto vero dell’annuncio del papa Giovanni Paolo II nella sua visita a Catania 30 anni fa è Cristo Risorto, ragione della nostra speranza, forza e fecondità della vita nostra e delle nostre comunità». Così monsignor Giuseppe Baturi, arcivescovo metropolita di Cagliari e segretario generale della CEI, ha commentato nella sua omelia in Cattedrale, la visita che il papa santo compì il 4 e 5 novembre del 1994 nella città etnea. Alla concelebrazione eucaristica nella Basilica cattedrale di Catania, presieduta da mons. Baturi, erano presenti anche l’arcivescovo metropolita di Catania, mons. Luigi Renna, l’arcivescovo emerito mons. Salvatore Gristina, un centinaio di sacerdoti, un popolo di fedeli e le autorità civili, a partire dal prefetto, Maria Carmela Librizzi.

 

 

Mons. Baturi ha ringraziato l’arcivescovo Renna dell’invito a presiedere l’eucarestia “nella chiesa cattedrale che mi è madre, perché quelle ventiquattr’ore, tra il 4 e 5 novembre 1994, [in cui Giovanni Paolo II fu a Catania] restano assai vive nella memoria di chi le ha vissute, segnando non solo la storia personale ma anche quella della nostra Chiesa di Catania e della Città”.

 

 

Il segretario della CEI ha fatto notare che opportunamente l’arcidiocesi di Catania ha dedicato la riflessione non appena su “trent’anni fa”, ma su “trent’anni dopo”, perché solo così si può “raccogliere dal passato un senso che riguardi l’oggi della nostra chiesa”.

 

 

Monsignor Baturi ha sottolineato come nei discorsi di Giovanni Paolo II la vita e la missione della Chiesa fossero sempre legati al cammino della comunità degli uomini: “Egli parla alla città della vita ecclesiale e parla alla comunità ecclesiale della città, quasi volendone promuovere l’intimo dialogo”. “Della città Giovanni Paolo II – ha proseguito mons. Baturi – avvertiva il difficile e faticoso cammino, i segni di speranza ma anche quell’esperienza di sopraffazione e degrado che esigeva da parte di tutti una grande responsabilità, capace di riscattare ogni pusillanimità o rassegnazione”. Ma il Papa offriva anche le ragioni per rialzarsi ed essere felici. “Che grande carità – commenta mons. Baturi – fu questo sguardo carico di simpatia per la nostra comunità”.

 

Il segretario della CEI ha, poi, sottolineato che Giovanni Paolo II proponeva una “concezione dell’uomo come essere religioso e dialogante” (Discorso ai giovani). Perché si può davvero dialogare con gli uomini se si sanno “interpretare gli interrogativi e le attese profonde che ne premono il cuore”.

 

 

Monsignor Baturi si è poi soffermato sull’attualità del messaggio di speranza lanciato allora allo stadio Cibali ai giovani. “La speranza, il desiderio e l’attesa sicuro del bene arduo della felicità e della vita – ha detto – non possono non spingere alla trasformazione del mondo, non possono non porsi contro la guerra e il disamore alla vita”. D’altra parte, ha aggiunto il segretario generale della CEI, “la speranza dei giovani esige la compagnia autorevole degli adulti, l’esempio del loro cammino”.

 

 

Infine, monsignor Baturi ha rivolto un invito a tutta la comunità: “Cari fratelli e amici, per citare Sant’Agostino, noi siamo strumenti provvisori, che ricordano fatti passati, ma sempre e totalmente impegnati da Dio per una costruzione che non passa, per l’edificazione di un edificio che è casa e scuola di fede, di speranza e carità, quella che, appunto, non può mai finire: l’amore che ci vede riuniti oggi e che scrive sempre parole definitive, sull’esempio di Cristo, il buon pastore”.

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