KIEV (UCRAINA) (ITALPRESS) – La situazione è precipitata ed il rischio di un conflitto su vasta scala aumenta ogni ora di più. Mai, dalla fine della seconda guerra mondiale – come stanno ripetendo le cancellerie europee e quella americana – si era giunti a una contrapposizione così pericolosa sul vecchio continente. I venti di guerra non hanno mai spirato con tanta veemenza e di certo l’escalation in Donbass, la regione contesa fra esercito di Kiev e separatisti filorussi, è ormai un dato di fatto.
I pesanti bombardamenti di queste ultime ventiquattr’ore rappresentano l’apice della tensione fra Mosca e l’Occidente. Quello che per otto anni è stato un conflitto spesso congelato, nonostante le 14 mila vittime, sta deflagrando e potrebbe espandersi in tutta la regione e forse anche in altre aree dell’Ucraina.
Il casus belli, dal punto di vista prettamente diplomatico, è stato il riconoscimento, avvenuto ieri, delle due autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk, che Putin, dal 2014, aveva sempre mantenuto in stand by. Ventiquattr’ore fa, invece, la decisione solenne, che consente ai russi di inviare ufficialmente i propri militari nel Donbass occupato dai separatisti. Mosca sostiene che i propri effettivi fungeranno da “peacekeeping” ma il leader del Cremlino, poco fa, non ha escluso per la prima volta la possibilità di invasione. E colonne di blindati russi sono già stati segnalati questa mattina nella principale delle città separatiste: “Le nostre decisioni – ha riferito Putin un’ora fa – dipenderanno dalla situazione sul terreno”.
Le condizioni imposte dallo zar appaiono quasi un ultimatum: se l’adesione ucraina alla Nato potrebbe forse essere rinviata con una moratoria condivisa, considerando che al momento non sussistono le condizioni oggettive per un ingresso nell’Alleanza Atlantica, la demilitarizzazione di Kiev ed il riconoscimento della Crimea sembrano richieste scritte appositamente per non essere accettate. E per consegnare a Mosca un pretesto per l’invasione. L’attacco su vasta scala, peraltro, viene dato ancora una volta per imminente da Nato e Stati Uniti: “Non c’è stato nessun ritiro, anzi: notiamo un continuo aumento di truppe ai confini e molti reparti sono già entrati a Donetsk”.
Nel frattempo, mentre le diplomazie internazionali giocheranno le ultime carte per evitare il punto di non ritorno, il Donbass si è infiammato definitivamente. Le due parti in causa si scambiano accuse reciproche ma il nostro monitoraggio oggi sulla linea del fronte ha contato numerosi bombardamenti sul territorio controllato dall’esercito ucraino. Difficile, quindi, non addossare le responsabilità principali ai separatisti, che però a loro volta lamentano di essere stati colpiti più volte dalle truppe di Kiev. E i civili intanto scappano. Da una parte, nei territori di Donetsk e Lugansk, decine di migliaia di residenti sarebbero stati trasferiti in questi ultimi due giorni in Russia, nella regione di Rostov. Dall’altra, invece, sono sempre di più colore che fuggono verso le altre regioni ucraine. Tuttora, nei villaggi posizionati sulla linea del fronte vivono oltre 30 mila persone e vista l’escalation ormai quotidiana sono quelle che ogni giorno rischiano la vita.
(ITALPRESS).