Venerdì 8 e domenica 10 febbraio, ritorna in scena al Teatro Del Canovaccio di Catania Io sono Verticale, spettacolo teatrale con Alessandra Barbagallo per la regia di Silvio Laviano, prodotto dal progetto S.E.T.A. -Studio Emotivo Teatro Azione in collaborazione con l’associazione culturale Madè.
Io sono Verticale si ispira alla poetica e biografia della poetessa americana Sylvia Plath, morta suicida a soli trent’anni ed eletta negli anni Settanta simbolo della lotta contro le durezze e le frustrazioni della vita domestica.
Dopo Borderline in Love, Sogno Ergo Sum, Diversi- Personaggi in cerca di un Altrove, Femmine e Innamorati – Tragicommedia della Purificazione, l’attore Silvio Laviano riveste per la sesta volta i panni del regista, affrontando la storia di una donna qualunque, che come ogni bambina sogna un lieto fine.
8 febbraio 2019 ore 21:00
10 febbraio 2019 ore 18.00
Teatro Del Canovaccio – Via Gulli, 12- Catania
foto di Gianluigi Primaverile
NOTE DI REGIA
E se la Bella addormentata non si risvegliasse dopo il bacio del principe?
Se Cenerentola non calzasse mai quella scarpetta?
Se il lupo avesse digerito Cappuccetto Rosso?
Se il cacciatore avesse strappato il cuore dal petto di Biancaneve?
IO SONO VERTICALE è questo. Una favola fallita senza morale.
Il sogno di una donna che racconta la “sua” storia confidando nel lieto fine che ogni bambina spera.
La drammaturgia originale è liberamente ispirata alla poetica di Sylvia Plath e alla sua biografia.
La Plath è stata vittima consapevole di un mondo maschile che ha sempre deciso per Lei, un mondo che l’ha censurata, l’ha arginata e costretta nel ruolo di casalinga disperata sfornante torte di mele. Non è riuscita mai, fino in fondo, a esternare e a rendere completamente pubblico il suo pensiero. E così nasce Io sono verticale, un diario emotivo che l’Attrice/Donna agisce rivivendo un racconto bulimico condito da parole morsicate, vomitate e sognate.
Il Forno dentro il quale la Plath morirà suicida si trasforma in una piccola dimora/badia riecheggiante l’archetipo di una Favola Rosa. Ma Sylvia voleva davvero uccidersi? Forse desiderava solo, in una sofferenza narcisistica, urlare al suo microcosmo che esisteva, che pensava, che cuoceva idee con la sua di testa…dentro il suo di forno?
Per un uomo raccontare scenicamente questa storia non è cosa semplice, bisogna evitare di giudicare sempre un personaggio e il suo percorso, ho cercato di assecondare i miei ricordi di bambino e di quelle bambole di porcellana che tutte le femmine di casa custodivano gelosamente, su una mensola, sopra un letto, chiuse a chiave o strette tra le mani di una cugina.
E se quel bimbo capriccioso avesse rapito una di quelle bambole? Se avesse dato fuoco alla casetta profumata di Tè e pasticcini? Se avesse chiesto un riscatto minacciando di strappare a morsi il cuore della bambola dagli occhi di vetro?
Così ho agito nei confronti della Storia e di quella magnifica bambola/attrice che ha partorito questa favola accentando il suo principe/regista/carnefice.
E solo un’Attrice generosa e coraggiosa come Alessandra Barbagallo può permettersi una sfida tanto ardua, avendo il coraggio di mordere questa mela.
In un’ epoca dove il Femminicidio è un tema, a mio avviso, troppo ab-usato, abbiamo deciso con questo spettacolo di raccontare la violenza più sottile ma anche più comune e abituale nel rapporto uomo/donna, vittima/carnefice, Principe/Principessa: il controllo psicologico attraverso il ricatto affettivo.
Il vero “femminicidio” parte da una manipolazione che il bambino/carnefice attua costringendo la Donna/Bambola innamorata e sordocieca.
E Se mordere la Mela avvelenata fosse l’unica vera salvezza?
Forse bisognerebbe semplicemente tenere le scarpette strette ai piedi e accettare che il “lieto fine” non è obbligatorio né lastricato di mattoni gialli “svedesi”.