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Teatro della Città: Fedra diretta da Manuel Giliberti con Viola Graziosi

Quando Fedra osa dichiarare il suo amore per Ippolito, il figlio di suo marito Teseo, c’è sempre qualcuno che inorridisce. Un amore folle e disperato, una malattia, un vero male che innesca una tragedia ma che, in fondo, è anche la strada per l’autodeterminazione di una donna infelice.  Fedra, campo di battaglia in cui si scontrano passione e ragione, sentimento e razionalità, è ora il titolo della nuova produzione del Teatro della Città – Centro di Produzione teatrale che per il ritorno allo spettacolo dal vivo ha deciso di attingere alla grandezza del Mito e dei suoi insegnamenti senza tempo, con una carrellata di produzioni tratte dalle tragedie greche. Diretta dal regista Manuel Giliberti, profondo conoscitore e “frequentatore” dei classici, Fedra vede in scena una carismatica Viola Graziosi, che dà voce e corpo all’eroina senecana. L’attrice romana è affiancata da Riccardo Livermore nel ruolo del casto Ippolito, Debora Lentini in quello determinante della Nutrice, Graziano Piazza che interpreta il rude Teseo e Liborio Natali che, nel ruolo di Corifeo e del Messaggero, assume in sé la funzione del coro greco. Le musiche sono di Antonio Di Pofi, mentre il testo si basa sulla traduzione di Manuel Bettini.

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Il debutto nazionale della pièce è previsto per mercoledì 28 luglio, nell’ambito di Teatri di Pietra, al  Parco Archeologico Palmintelli di Caltanissetta. La tragedia sarà poi il 30 luglio a Cattolica Eraclea nell’area Archeologica Eraclea Minoa, approderà il 31 luglio al Teatro Antico di Segesta (Trapani) dove sarà in scena per le Dionisiache 2021 anche l’1, il 4 e l’8 agosto.
«Quando sono stato invitato dal Teatro della Città a sviluppare una mia regia per Fedra – spiega il regista Manuel Giliberti – non ho potuto fare a meno di legarla idealmente al mio spettacolo del 2020 Arianna nel labirinto. Arianna e Fedra, in fondo, sono entrambe vittime di Teseo. In due modi diversi, tutte e due subiscono il fascino, l’arroganza e il maschilismo violento di questo uomo rude che non sembra avere sentimenti. In particolare, nel caso di Fedra, ho voluto sottolineare come lei si fosse invaghita già del giovane Teseo quando era ancora una bambina e lo vide arrivare a Creta per fronteggiare e combattere il Minotauro. Questo sentimento verso il giovane Teseo, affievolito negli anni a causa della durezza d’animo del Teseo uomo maturo, diventa quasi una discolpa per la donna. Infatti, è come se Fedra rivedesse poi in Ippolito quel giovane di cui si era invaghita e che era stato oggetto del suo desiderio puro di bambina, mai dimenticato. È un modo per discolparla? Forse sì o forse no. Di sicuro è un modo per sottolineare come Fedra sia l’unico personaggio della tragedia in grado di seguire l’amore, il sentimento e l’autodeterminazione».
Fedra disperata, struggente, rifiutata e suicida. Da Euripide il mito di Fedra rinasce in Seneca come protagonista, non più vittima di una passione proibita dovuta a un errore dei sensi ma a un diritto naturale. Seneca mette l’essere umano davanti al crollo della volontà, mostrando come il più delle volte sia l’istinto a prevalere.

“Fedra pone un tema molto femminile – sottolinea la protagonista Viola Graziosi – : quello dell’amore, della passione amorosa, del desiderio, dell’Eros e ci mostra il limite tra ragione e istinto. Per avvicinarla a me, donna oggi, per comprenderla e potermi mettere in ascolto della sua “vibrazione”, ho eliminato ogni giudizio sociale, morale, occidentale. E poi mi è apparsa l’immagine di Lady D., una donna che si innamora del principe e che viene abbandonata, schiacciata dal peso de suo ruolo. Ho immaginato questa donna innamorarsi fino ad ammalarsi di questo male che è anche l’impossibilità di trovare pace nei limiti dei “doveri”, nella posizione che la donna doveva assumere in una società maschilista in cui la sua necessità di esprimersi viene soffocata. La mia è un’eroina che alza la testa e accoglie nel bene e nel male ciò che in lei chiede di manifestarsi. Fedra significa “la luminosa” e voglio pensare che il suo sacrificio porti luce nelle nostre vite e nei nostri cuori».
E questo scandaglio profondo della contemporaneità offerta dal classico è sottolineata anche da Graziano Piazza che interpreta Teseo, personaggio cruciale della tragedia. «Essere così virilmente inconsapevole come mostra il grande egoismo del mio personaggio – spiega – , continuare a perpetrare delitti e odio, alimentare il male di cui si è nutrito, far uccidere il figlio e poi lasciare morire la moglie: tutto ciò non può essere vissuto se non attraverso un avvicinamento violento alla parola, ai gesti, a una sorta di animalità esclusiva dell’uomo privato di senno, alla prossemica rude, alla inusitata cecità di questo personaggio che ancora ha male agli occhi per essere ritornato alla luce. È per me un personaggio che suscita uno shock, che indica l’aberrazione in cui spesso cadiamo quando totalmente identificati non vediamo più, non amiamo più, non sentiamo più la Vita dentro e fuori di noi. Anche Teseo attraverso Fedra impara qualcosa, apprende l’Arte della passione della Vita, della meravigliosa follia amorosa della vita».

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