Sabato 7 dicembre, dalle ore 17,00, avrà luogo presso i locali dell’Associazione Culturale Spazioquattro-incontri d’arte di Via Ghibellina, 120, a Messina, l’inaugurazione della mostra “ISTRUZIONI PER L’USO-avventure, sogni, incantamenti” di Marisa Casaburi, a cura e con presentazione critica di Mariateresa Zagone.
Mariateresa Zagone: “La mostra nasce dalla volontà di raccontare, anche a Messina e con un progetto articolato, l’amore per il fantastico di un’artista e dei suoi incantamenti. Marisa Casaburi, infatti, crea atmosfere colorate e leggere che costituiscono l’ossatura grammaticale e sintattica di un mondo fiabesco che si dipana sulle pagine dei libri, sulle tele, nelle carte e cartapeste che diventano luoghi perfetti per sciogliere le briglia della realtà.
Cuore dell’esposizione, da cui tutto origina, sono sei libriccini d’artista in formato poco meno che A5 che, come indica il titolo stesso della mostra, sono una sorta di libretti di istruzione con i quali imparare a maneggiare la macchina complessa della vita. Libri da cui fuoriescono i personaggi e gli oggetti che riempiono lo spazio circostante, esplosioni di inquieta fantasia, che sono la prova, se mai ce ne fosse stato bisogno, che la parola e l’immagine concorrono ad un unico viaggio.
Marisa Casaburi exibition a cura di Mariateresa Zagone.
7-19 dicembre lunedì/sabato ore 17,00-20,00 domenica ore 10,30-12,00
Mariateresa Zagone: “Questa mostra nasce dalla volontà di raccontare, anche a Messina e con un progetto articolato, l’amore per il fantastico di un’artista e dei suoi incantamenti. Marisa Casaburi, infatti, crea atmosfere colorate e leggere che costituiscono l’ossatura grammaticale e sintattica di un mondo fiabesco che si dipana sulle pagine dei libri, sulle tele, nelle carte e cartapeste che diventano luoghi perfetti per sciogliere le briglia della realtà.
Al centro della narrazione per immagini c’è sempre l’artista nelle sue poliedriche sfaccettature, nei suoi alter ego di fiaba ma che equiparabili alle fiabe non sono, libere e svagate, malinconiche e titubanti mai moraleggianti, mai giuste o sbagliate, mai granitiche nelle certezze ma umbratili e incerte fra il sonno della consapevolezza e la veglia del dubbio.
Il racconto di riflessione sugli accadimenti personali è il racconto di una crescita e dei suoi inciampi affidati a frasi che, in un processo inverso, servono ad illustrare le pagine affastellate di colore e di personaggi fluttuanti. Ed è il racconto di una donna, dei sui sogni, dei suoi pensieri, dei suoi lati melanconici, una donna capace di guardare negli occhi il buio per librarsi, poi, fino alla luna.
La giostra caleidoscopica delle sue forme giocose, sintesi di un universo intessuto di amore e passione per la letteratura di fantasia a partire da quello scoppiettio incredibile che è l’Orlando ariostesco, ha il proprio incipit, in questo concept e nel conseguente allestimento, nei sei libriccini d’artista in formato poco meno che A5 dalle cui pagine fuoriescono i personaggi e gli oggetti esplodendo letteralmente in opere bidimensionali pittoriche, mondi e scenari tridimensionali in cartapesta, paesaggi domestici e lunari.
L’allestimento della mostra si inspira a questo fervido immaginario nel quale tutti i visitatori si troveranno a fluttuare a caccia di una illusione o di un ricordo come i cavalieri nel castello di Atlante e come quelli a ognuno parrà che nel maniero sia nascosta quella cosa ”che più ciascun per sé brama e desia.
Questi libri, queste esplosioni di inquieta fantasia, sono la prova, se mai ce ne fosse stato bisogno, che la parola e l’immagine concorrono ad un unico viaggio.
Basta aprire gli occhi per vedere che un mondo affascinante si spalanca davanti a noi se, come Marisa /Miranda, abbiamo il coraggio di passare al di là dello specchio e di osservarci, di osservare le molteplici esperienze del nostro cuore e della nostra percezione in cui parola e immagine interagiscono, dialogano, si incontrano. La«Galassia Casaburi» è fatta da questa complessa rete di relazioni, dal groviglio di sentieri intrecciati che le sue opere descrivono e creano intorno a noi. Questa mostra prova a raccogliere la sfida che ci viene da quell’intarsio di parole e immagini, ed ecco allora, come in un puzzle, il doppio cuore di Miranda, le valige e le poltrone volanti, gli occhi, i pesci e le spirali, i planisferi e i globin terracquei, i re coronati e le donne dai lunghi capelli di spesse linee nere. Le ricorrenti forme sferiche della luna e della terra non più fatti di singoli luoghi ma spazi unici, sfere topologicamente chiuse e finite, ma illimitate, le foto di famiglia e poi i motti e le frasi che stanno lì da soli o accompagnano l’immagine come anima che dà vita al corpo, secondo un fortunato paragone che Paolo Giovio applicò all’immenso poema ariostesco. Perché sì, è proprio l’Orlando Furioso, a cui fra l’altro Marisa ha fatto riferimento in molti altri lavori, che traduce il suo scoppiettante universo fatto di scatole cinesi, di storie dentro le storie, di furori e di malinconie. Si delinea così una cornice visiva il cui senso di fondo appare coerente e legato a doppia mandata al vissuto dell’artista. L’altalena degli stati d’animo, la loro vaghezza mista all’impenetrabilità, la nostalgia del sentimento dell’infanzia, la ricerca della propria dimensione segnata immancabilmente dall’errore si ergono a cardini dell’edificio poetico di Marisa proiettando gli spettatori verso un altrove ammaliante e contraddittorio in cui i personaggi venuti fuori dai libri e il loro accamparsi sulle pareti della galleria sembrano scorrere per momenti discontinui tra le vicissitudini eterne di una non storia. Nascono così opere le cui trame formano un arabesco dove il messaggio verbale e la forma figurata si rivelano capaci di restituire la luminosità e l’evanescenza di un mondo incantato”.