Roma, 11 dic. – Trasferta siciliana da questa sera per Matteo Salvini. Il leader della Lega è infatti atteso domattina a Catania, per il secondo round del processo Gregoretti. L’ex ministro dell’Interno, torna nel capoluogo etneo, a distanza di oltre due mesi, dove rischia di finire giudicato per ‘sequestro di persona e abuso in atti di ufficio’: una decisione che il Gup Nunzio Sarpietro, dovrà prendere dopo la richiesta di giudizio fatta dal Tribunale dei ministri di Catania, richiesta che ha ottenuto il via libera del Senato lo scorso 12 febbraio. Anche oggi, alla vigilia del nuovo incontro con i magistrati, Salvini ha parlato di un processo assurdo: “Vengo processato e rischio più anni di carcere di uno stupratore e diun assassino. Però voglio credere nella giustizia italiana”.
Il 3 ottobre scorso, al temine di una tre giorni – definita la Pontidadel Sud – con i parlamentari della Lega che avevano scortato il leader fin alle porte del tribunale, era stato Sarpietro a aggiornare il tutto, rinviando la seduta, stavolta nell’aula-bunker del carcere Bicocca. Un rinvio motivato dal fatto di voler sentire anche gli altri membri del governo giallo verde: Conte, Di Maio, Toninelli e Trenta, alleati di Salvini, mentre alla Gregoretti veniva imposto lo stop in mare, nell’estate del 2019, alla vigilia del Papeete. “Vediamo cosa diranno i ministri chiamati dal giudice, io non li ho citati, perché non credo ci sia stata nessuna colpa”, aveva detto lo stesso Salvini, commentando a caldo l’invito a comparire rivolto agli altri partner di governo, a partire da Conte e Di Maio. “Non sarò più da solo”, aveva aggiunto sornione, non prima di avere sottolineato di voler continuare a rifiutarsi di dire che ‘sono colpevoli anche loro'”.
Domani però il premier non sarà in tribunale: sarà invece Sarpietro, a venire a Roma prossimamente per audirlo in qualità di testimone, preso atto degli impegni di governo di Conte. Con Salvini, invece, anche domani, a Catania, ci sarà l’avvocato Giulia Bongiorno, che rimase incredibilmente ferita da una lastra staccatasi dal muro in tribunale, arrivando alla conferenza stampa in sedia a rotelle, tra lo stupore generale a ottobre. Tornando al procedimento che riparte domani l’accusa formulata nei confronti del leader leghista è quella di aver “abusato dei suoi poteri privando della libertà personale 131 migranti a bordo dell’unità navale Gregoretti della guardia costiera italiana dalle 00:35 del 27 luglio 2019 fino al pomeriggio del 31 luglio”, quando fu disposta l’autorizzazione allo sbarco nel porto di Augusta, nell’ambito di un accordo per la distribuzione dei migranti in altri cinque paesi Ue.
Sul caso Gregoretti la Procura etnea, guidata da Carmelo Zuccaro, si era già pronunciata per l’archiviazione, ritenendo che “l’attesa di 3 giorni per uno sbarco” non possa “considerarsi un’illegittima privazione della libertà” dei migranti a bordo della nave. Inoltre, per gli inquirenti sulla nave vennero “garantiti assistenza medica, viveri e beni di prima necessità” e “lo sbarco immediato di malati e minorenni”, come ribadito dallo stesso Salvini nella sua memoria difensiva, depositata a Catania a settembre scorso.
Al contrario, il Tribunale dei ministri, chiedendo invece il processo, sottolineò come Salvini fosse stato responsabile di aver “determinato consapevolmente l’illegittima privazione della libertà personale” dei migranti, “costretti a rimanere in condizioni psicofisiche critiche” a bordo. I tre giudici per i reati ministeriali hanno inoltre sostenuto come “non vi fossero ragioni tecniche ostative all’autorizzazione allo sbarco”, aggiungendo che “le persone soccorse potevano tempestivamente essere sbarcate e avviate all’hot spot di prima accoglienza per l’identificazione, salvo poi essere smistate secondo gli accordi eventualmente raggiunti a livello europeo”. Accordi a livello Ue su cui insiste anche la difesa di Salvini, con concetti ribaditi nella memoria difensiva, in quello che sembra uno dei nodi dirimenti della vicenda. Di fronte a una strategia politica, voluta da Salvini (e dal governo di allora), con l’obiettivo di spingere i paesi Ue a intervenire per la ricollocazione dei migranti, l’atto di trattenerli a mare, secondo lo stesso Salvini era esclusivamente finalizzato al risultato politico. Al punto da dire che”la permanenza a bordo” era “funzionale solo a consentire la conclusione della procedura di redistribuzione” in Europa dei migranti.
Altro nodo, ancora, quello sui motivi di ordine pubblico, che avrebbero determinato lo stop allo sbarco in Sicilia. Per l’accusa i migranti non rappresentavano una minaccia in tal senso (“non ci sono informazioni sulla possibile presenza, tra i soggetti soccorsi, di persone pericolose per la sicurezza e l’ordine pubblico nazionale”). Tema su cui Salvini ha tirato fuori, nell’ultima memoria, una nuova prova, parlando di un “Gps per l’orientamento in mare che dopo il salvataggio fu trovato uno zainetto” a dimostrazione di “una probabile presenza a bordo, tra i migranti, degli scafisti responsabili del traffico”. “Due scafisti – conclude la difesa di Salvini – che furono poi identificati e fermati”.
(Adnkronos)