ROMA – Il vaglio di una richiesta di protezione internazionale non può prescindere da un serio e approfondito accertamento della “situazione reale del paese di provenienza” del migrante richiedente. Inoltre la Suprema corte esorta i magistrati a evitare “formule stereotipate” e a “specificare sulla scorta di quali fonti” abbiano acquisito “informazioni aggiornate sul Paese di origine” dei richiedenti asilo. Il giudice ha il “potere-dovere” di accertare “se, e in quali limiti, nel Paese di origine dell’istante si registrino fenomeni di violenza indiscriminata, in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, che espongano i civili a minaccia grave o individuale alla vita o alla persona”.
Lo sottolinea la sesta sezione civile della Cassazione, in un’ordinanza depositata oggi, con la quale ha accolto il ricorso di un cittadino pakistano, il quale aveva impugnato un decreto del tribunale di Lecce che aveva confermato il ‘no’ al riconoscimento della protezione internazionale da lui richiesta.
Secondo lo straniero, la sua istanza era stata valutata solo “in base a generiche informazioni sulla situazione interna del Pakistan, senza una considerazione completa delle prove disponibili e senza un corretto esercizio dei poteri officiosi”.
Cassazione: “Se esiste concreto pericolo, non si può negare l’asilo a un migrante”
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