A Palazzo Scammacca del Murgo nasce un percorso di approfondimento e confronto delle cantine storiche dell’Etna e non solo. Un percorso in 7 tappe che fra novembre 2024 e marzo 2025 consentirà di scoprire le migliori annate dei vini che hanno fatto la storia enologica etnea.
Nella videointervista incastonata nell’articolo, Pietro Scammacca ci racconta di Palazzo Scammacca palazzo di proprietà della famiglia, finalmente ristrutturato, dove già si ospitano eventi musicali in collaborazione con Monk Jazz Club, e uno spazio espositivo sapientemente orchestrato, per mostre fotografiche e anche alcune stanze dove si fa accoglienza da qualche anno. “Coniugare le mostre con il vino per noi è naturale: il vino è il collante più antico per coniugare l’attività sociale”.
Michele Scammacca ci parla della scelta delle cantine che hanno contributo allo sviluppo della cultura del vino e di legare questa nuova location e i suoi eventi agli aspetti del vino che sono l’identità, la personalità, la piacevolezza della degustazione con gli abbinamenti di cui si è occupato Claudio Di Maria, già miglior sommelier di Sicilia 2023 e miglior sommelier dell’Etna 2024, sommelier delle stesse cantine Murgo e rappresentante degustatore per questi eventi.
Claudio Di Maria: “Per questa carrellata di vini Franchetti, dell’azienda di Passopisciaro, partiremo con lo Chardonnay Passobianco, e le tre contrade: Contrada C (Chiappemacine), Contrada G (Guardiola), Contrada R (Rampante) e chiuderemo con il Franchetti, blend di Petit Verdot e Cesanese di Affile. Gli abbinamenti con i piatti dedicati iniziano con lo Chardonnay e le entrees con scacciata con verdure, patè e confetture Murgo, tagliere di salumi e formaggi e poi le tre contrade con una pasta fresca al ragù bianco di maiale, il Franchetti con lo stracotto di manzo”.
C’era pure un cannolo scomposto accompagnato col Moscato Passito di Murgo come lo spumante bianco brut metodo classico Murgo dell’aperitivo di accoglienza, che ha rappresentato la cornice dell’inizio e la fine della serata.
Michele Scammacca nell’intervista parlando di Andrea Franchetti e di Contrade, ribadisce che Contrade dell’Etna è stato in qualche modo modificato rispetto all’evento che voleva realizzare Franchetti. Il suo obiettivo era di creare qualcosa che ancora adesso manca per i viticultori dell’Etna e cioè il senso del territorio. Questa è ancora una caratteristica del siciliano che è troppo individualista, valorizzare un’area un territorio, che poi diventa un bene per tutti quelli che “abitano” quel territorio. Franchetti ha interamente finanziato il progetto di Contrade perché credeva nel Cru come definizione imparata dai francesi. “Cru” è il participio passato sostantivato del verbo “croître”, che vuol dire “ciò che cresce in una regione”, e viene usato nel mondo del vino proprio per indicare un particolare vigneto che è cresciuto in una determinata zona e dal quale si ottiene un vino particolarmente eccellente. Quindi il Cru dell’Etna potrebbe essere ciò che caratterizza il territorio.
Era il 2008 quando Franchetti si inventa “Contrade dell’Etna”, un’intuizione importata direttamente dalla storica tradizione di Bordeaux che vuole riunire i produttori locali nel rituale dell’ “en primeur”, termine che si riferisce all’acquisto di vino quando ancora è in affinamento, mesi o anni prima del rilascio sul mercato.
L’ospite della serata, Vincenzo Lo Mauro direttore della cantina Franchetti, ci racconta come Andrea Franchetti abbia fondato nel 2000 l’azienda e tutto ciò che ne promana: “A 800 metri di altezza cercava un posto caldo e freddo; un’avventura come rinascita del territorio dell’Etna, all’epoca erano in pochissimi che imbottigliavano vino e lui diede un suo timbro alla produzione del Nerello Mascalese, voleva un po’ estremizzarlo. Iniziò con una vigna comprata a mille metri di altezza che si chiama Rampante, vecchissime piante hanno più o meno un secolo di vita, portò anche delle novità il Petit Verdot e il Cesenese, lo Chardonnay, un modo di piantare diverso, infatti la sua scuola di formazione fu in Francia. Dopo aver venduto e selezionato vini in giro per il mondo soprattutto a New York, imparò a fare i vini in Francia, la Tecnica Bordolese sesti di impianti stretti, (il sesto d’impianto, in arboricoltura, è la disposizione geometrica delle piante, con relative interdistanze, impostata in una piantagione legnosa) dal 2002 al 2005, sono 90 cm per 90 cm, una densità altissima, 12.000 piante per ettaro. Infatti per aiutarci arrivò la macchina francese Bobard come scavallatore, imparammo il diradamento dei grappoli, ci faceva togliere i grappoli più belli, la raccolta avveniva in un determinato momento e non in un altro. Dal 2008 nacquero i vini di contrada 5 cru diversi da Chiappemacine che sta a 550 metri di quota, a Porcaria 650 metri, a Guardiola a 800 metri, a Sciaranuova a 850 metri, a Rampante a quasi a mille metri, espressioni di Nerello Mascalese con sfumature diverse. E poi lo Chardonnay Passobianco 100% in purezza a cui nel 2018 abbiamo aggiunto un cru contrada Guardiola Passochianche, 6000 bottiglie prodotte e poi il vino Franchetti blend di Petit Verdot e Cesanese di Affile, che cambia ogni anno: perché dipende dallo stato di maturazione dei due vitigni”.
Un ringrazio speciale alla dott.ssa Maria Clotilde Notabartolo per l’accoglienza.
Il prossimo evento 10 dicembre con Federico Curtaz, un valdostano che si è trasferito in Sicilia dopo una vita complessa e avventurosa nell’ambito vitivinicolo. Dal suo sito: “La Sicilia è stata l’opportunità di poter interpretare un territorio, attraverso il tessuto dell’esperienza che ho elaborato in tutti questi anni di mestiere, una rilettura personale di un grande lavoro fatto da molti altri che mi hanno preceduto e che hanno indicato una strada”.