MESSINA – A Messina, nel corso della notte, Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia di Stato hanno eseguito un’operazione antimafia congiunta che ha portato all’arresto di 33 persone e al sequestro di beni, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip presso il Tribunale di Messina, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia di Messina, per i reati di associazione di tipo mafioso, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, sequestro di persona, scambio elettorale politico-mafioso, lesioni aggravate, detenzione e porto illegale di armi, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, con l’aggravante del metodo mafioso. L’operazione, tuttora in corso, ” è il risultato di autonome e convergenti indagini del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Messina, del Gico del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Messina e della Squadra Mobile della Questura di Messina che hanno consentito di documentare l’attuale operatività dei sodalizi mafiosi operanti nella zona centro della città dello Stretto, nel settore delle estorsioni in danno di esercizi commerciali, del traffico di stupefacenti e del controllo di attività economiche nel campo della ristorazione, del gioco e delle scommesse su eventi sportivi”, dicono gli inquirenti. In particolare, le indagini dei Carabinieri di Messina hanno riguardato la consorteria mafiosa egemone nel rione messinese di “Provinciale” capeggiata dal noto esponente mafioso Giovanni Lo Duca, attiva, fra l’altro, nelle estorsioni in danno di esercizi commerciali e nel traffico di sostanze stupefacenti e hanno portato al sequestro di un bar utilizzato come base logistica dell’associazione mafiosa. Le indagini della Guardia di Finanza di Messina hanno riguardato le attività del gruppo criminale capeggiato da Salvatore Sparacio, operante nel rione “Fondo Pugliatti”, documentando il controllo di attività economiche e portando al sequestro di una impresa operante nel settore del gioco e delle scommesse. Le indagini della Questura diMessina hanno riguardato il sodalizio mafioso capeggiato da Giovanni De Luca, attivo nel rione di “Maregrosso” nel controllo della sicurezza ai locali notturni e nel traffico di sostanze stupefacenti, sodalizio già oggetto dell’indagine “Flower” conclusa nell’ottobre 2019.
Il provvedimento cautelare del gip del Tribunale di Messina ha disposto la custodia cautelare in carcere per 21 persone, gli arresti domiciliari per 10 persone e l’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria per 2 persone, nonché il sequestro di 2 imprese, operanti nel settore del gioco e delle scommesse e della ristorazione. C’è anche un candidato al Consiglio comunale di Messina, non eletto nel 2018, tra gli arrestati della maxioperazione coordinata dalla Dda di Messina che all’alba di oggi ha portato all’emissione di 33 misure cautelari. In manette è finito Natalino Summa, 52 anni, che nella primavera del 2018 si era candidato al consiglio comunale nella città dello Stretto. Ma il 10 giugno 2018 non fu eletto. L’uomo è accusato di voto di scambio. Secondo l’accusa Summa, sottoposto agli arresti domiciliari, avrebbe pagato diecimila euro per il sostegno elettorale del clan Sparacio. Le indagini tecniche degli investigatori peloritani hanno consentito “di captare alcune in equivoche conversazioni”, inerenti proprio la prova dell’offerta di denaro, per una somma pari a 10.000 euro, effettuata “al boss dal candidato politico, affinché procurasse un congruo numero di voti per la propria scalata elettorale”, spiegano gli inquirenti.
Questa attività di procacciamento “vedeva in Francesco Sollima, 52 anni, ritenuto trade union tra il politico Natalino Summa ed il boss Salvatore Sparacio, che l’aspirante consigliere comunale incontrava con il padre Antonino Summa, 81 anni”. “I riscontri eseguiti hanno consentito di documentare come l’accordo illecito raggiunto consentisse di raccogliere, nei quartieri di operatività del gruppo mafioso, ed altri a questo collegati, in totale, ben 350 voti”, spiegano gli investigatori.
Dopo quasi due anni di intercettazioni e servizi di osservazione, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Messina hanno documentato come “il sodalizio capeggiato da Giovanni LoDuca operava mediante il sistematico ricorso all’intimidazione e alla violenza, con pestaggi e spedizioni punitive, per affermare la propria egemonia sul territorio e controllare le attività economiche della zona”. E’ quanto emerge dall’operazione antimafia, coordinata dalla Dda di Messina sotto la guida di Maurizio de Lucia, che ha portato all’arresto di 33 persone. Lo Duca si sarebbe impegnato anche “per recuperare i crediti derivanti sia dal traffico di sostanze stupefacenti che dalla gestione delle scommesse su competizioni sportive”.
Il funerale in piazza del padre del presunto boss, con tanto di sosta davanti alla sala biliardo, ritenuta luogo di summit mafiosi, in pieno lockdown e con i divieti anti Covid. E’ quanto hanno scoperto gli inquirenti, nell’ambito della maxioperazione antimafia che ha portato all’arresto di 33 persone a Messina. E’ l’11 aprile del 2020 e l’Italia è ferma quando muore Rosario Sparacio, il padre di Salvatore, arrestato la notte scorsa nel blitz. Il corteo funebre si sposta dall’abitazione del defunto e raggiunge, sotto gli occhi degli investigatori che controllano ogni movimento, la sala biliardo ”La Spaccata”. Per almeno un quarto d’ora. Poi il feretro viene portato in chiesa per la benedizione. Ma anche qui i tempi si sono prolungati ulteriormente. E solo dopo il corteo verso il cimitero. All’epoca scattarono le sanzioni anti Covid con multe ai diretti interessati. “La rilevanza per il gruppo criminale investigato della sala giochi ”Asd Bilardi Sud”, ha trovato significativa conferma lo scorso 11 aprile 2020, in occasione dei funerali di Rosario Sparacio, fratello dell’ex boss pentito Luigi Sparacio e padre dell’indagato Salvatore, allorquando il corteo funebre si fermava proprio davanti alla sala biliardi, in violazione e disprezzo delle normative e disposizioni vigenti nella fase del primo lockdown del paese, dovuto dalla pandemia generata dalla diffusione del Covid-19″, dicono gli inquirenti.
“In questo ambito emergeva come, proprio all’interno del locale si tenessero veri e propri summit mafiosi e si praticasse il gioco d’azzardo, attraverso personal computer collegati tramite la rete internet con piattaforme di scommesse on-line aventi sede all’estero, che permettevano di accedere a giochi illeciti, offerti al di fuori del circuito autorizzato dai Monopoli dello Stato, nonché come, attraverso la forza di intimidazione promanante dall’associazione mafiosa, venisse imposto l’utilizzo delle medesime piattaforme software e delle stesse video slot ai vari gestori locali”.
(Adnkronos)