E’ scattato oggi il maxi blitz antimafia di Palermo dove sono stati eseguiti oltre 180 arresti. Tra gli arrestati anche boss e fedelissimi di Cosa nostra scarcerati qualche tempo fa, perché hanno finito di scontare la loro pena: erano tornati in città per riprendere in mano le redini e occuparsi ancora di estorsioni, traffico di droga.
“Me ne devo andare da qua… devo cambiare la residenza… me ne vado…. – diceva – a me quello che mi potrebbe colpire sono la mia famiglia, ma se io ce li ho accanto posso essere sperduto in un pizzo di montagna, sono a posto. Io me ne vado..! L’Italia per noi è diventata scomoda, io me ne devo andare perché non intendo assolutamente perdere quello che ho creato fino ad oggi. Cominciate a farvi i passaporti”. A parlare è uno dei 180 arrestati nel maxiblitz di questa mattina a Palermo. I boss, anche e nuove leve, erano pronti a lasciare l’Italia. Uno di loro dopo avere trovato delle microspie sulla sua auto, una Smart intestata alla moglie, su è sfogato: “Siamo tutti bombardati”, diceva.
I pm della Dda di Palermo, guidati dal Procuratore Maurizio de Lucia, a caccia di informatori dei clan mafiosi che avvertivano di blitz imminenti. E’ quanto emerge dalla maxioperazione antimafia che oggi ha portato all’arresto di oltre 180 persone. Come rivelano le carte il boss Antonino Gagliardo, considerato il tramite fra il mandamento di Bagheria e quello di Brancaccio, il 7 novembre 2023 informò un altro mafioso di aver appreso di tre imminenti operazioni di polizia (“tre zampate … tre camurrie”) previste per ” fine anno”. Ecco perché aveva già provveduto a fare scomparire alcune cose. Poi, il 12 gennaio 2024 altra rivelazione di informazioni riservate. “Giochi di fuoco … dal ventuno al ventitré”, si sente nelle intercettazioni.
“La perdurante e ferrea aderenza di Cosa nostra alle proprie origini è emersa anche con riguardo ai connotati associativi più propriamente militari essendosi rilevato che, sebbene, negli ultimi anni, non si sia resa protagonista di reiterati ed eclatanti fatti di sangue, ha mantenuto la sua caratteristica di associazione armata essendosi dotata (anche grazie all’ormai facile reperimento sul dark web) di un enorme quantitativo di armi, come dimostrano anche i più recenti sequestri: proprio nei giorni scorsi, ad esempio, alla mafia agrigentina, come visto, collegata con quella palermitana, è stato sequestrato un vero e proprio arsenale comprendente, tra l’altro, armi da guerra”. Così i pm della Dda di Palermo nel provvedimento di fermo.
“Anche le presenti indagini hanno confermato l’ampia disponibilità di armi da fuoco, come emerge già dal mero elevato numero delle imputazioni in materia, bastando ricordare in proposito la conversazione del 2 dicembre 2023 nel corso della quale Lo Presti Calogero faceva intendere di possedere una sorta di armeria, con pistole di ogni tipo”.
“L’indiscussa vigenza delle norme mafiose è emersa più volte nelle indagini di cui si tratta come, ad esempio, in occasione dei preparativi per la formale affiliazione di Salvatore Scaduto che vedeva occupati i due storici esponenti di Bagheria, Gino Mineo e Giuseppe Di Fiore, i quali, però, temendo che il padre del ragazzo fosse stato scarcerato grazie ad una sorta di collaborazione, ritenevano fondamentale verificare tale circostanza che avrebbe drasticamente impedito la punciuta, in osservanza, appunto, delle regole (ci sono regole nella “cosa nostra” che vanno rispettate) la cui violazione avrebbe potuto essere loro contestata da ogni altro consociato, anche di altri territori”. E’ quanto emerge dall’inchiesta che oggi ha portato all’arresto di oltre 180 persone a Palermo.
“Un’ulteriore espansione affaristica, connessa anche stavolta allo sviluppo tecnologico, come accertato per i tutti mandamenti oggetto di queste indagini, riguarda il settore dei giochi e delle scommesse digitali che, subentrando alle vetuste riffe, in realtà rappresenta oggi una delle attività più remunerative di Cosa nostra che, da longa manus operativa degli imprenditori del settore, quali Angelo Barone, impone i pannelli di gioco, spesso illegali, ai singoli esercizi del territorio sì da realizzare enormi guadagni (Barone: Ho preso ora… quindici milioni di gioco)”. Lo scrivono i pm della Dda di Palermo nel provvedimento di fermo che all’alba ha portato a decine di arresti. “Pertanto, l’associazione mafiosa si è dovuta riorganizzare per l’ampliamento della sua opera impositiva e di riscossione tanto che, il 24 agosto 2023, si intercettava Francesco Stagno mentre istruiva Leandro Cangemi – al fine di fare le cose in regola per camminare e ingrandire (..) perché qua il cervello per migliorare ce l’abbiamo – sulle modalità da adottare nelle interlocuzioni con gli esercenti, indicando i confini territoriali entro cui muoversi e invitandolo, per essere efficace, a presentarsi come emissario di Cosa nostra”, spiegano i magistrati. Ed ecco una intercettazione captata dai carabinieri: “Non parlare mai in prima persona nel senso.. <<: ascolta c’è questa situazione … mi mandarono per questa situazione>> non è che tu sei di parte, non sei con loro e con noi, tu sei nel mezzo, così se c’è uno sfogo tu te lo assorbisci pure … cioè mi mandano per questa situazione. (..)”, dice Stagno.
E Cangemi replica: “all’inizio che ti ho detto io? Dove posso andare? E tu mi hai detto … fino a Terrasini… dice ma qua c’è il limite tra Terrasini e Montelepre e mi fermo! … … se tu mi dici a me vai fino a Terrasini, io arrivo fino a ….”.