Il diritto di rettifica
Dal punto di vista formale la richiesta di pubblicazione della rettifica deve contenere la seguente formula:
“A norma della Legge 416/1981, con la presente si chiede la pubblicazione della seguente rettifica.
(il testo della rettifica non deve superare le 30 righe)”
Cos’è la rettifica?
Il diritto alla libera espressione del pensiero che è tutelato dall’articolo 21 della Costituzione Italiana, può talvolta entrare in conflitto con altri diritti costituzionalmente garantiti. Nel caso in cui il diritto di cronaca confligga con i diritti della personalità – ossia qualora un soggetto (persona fisica o giuridica) si senta leso da una notizia resa attraverso i mass media – c’è uno strumento che può aiutare il soggetto che si ritiene danneggiato, senza dover ricorrere all’autorità giudiziaria.
Il riferimento è al diritto di rettifica, sancito dall’articolo 8 della legge sulla stampa n. 47 del 1948 e dagli artt. 42 e 43 della legge 416 del 1981, che rappresenta uno strumento riparatorio sui generis. Esso tende, infatti, non ad accertare la verità oggettiva, bensì ad arricchire la notizia divulgata con una verità soggettiva, cioè con l’interpretazione dei fatti resa da colui che si ritiene leso. Secondo molti commentatori una tempestiva rettifica possiede talvolta un’efficacia riparatoria assai maggiore del risarcimento pecuniario del danno. Un risarcimento anche sostanzioso, infatti spesso non restituisce l’immagine pubblica precedente ad una notizia diffamante.
Il quadro normativo
La rettifica di una notizia diffusa a mezzo stampa è regolata dall’articolo 42 della legge 416/81, che ha sostituito l’articolo 8 della legge 47 del 1948.
Nella disciplina della rettifica di una notizia diffusa a mezzo stampa la lesività della stessa può essere, invece, anche solo soggettiva. L’articolo 42 della legge 416 del 1981 dispone infatti che
“Il direttore, o comunque, il responsabile è tenuto a fare inserire gratuitamente nel quotidiano o nel periodico o nell’agenzia di stampa le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini o ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità purché le dichiarazioni non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale”.
Nel caso della stampa è sufficiente che la notizia sia soggettivamente ritenuta lesiva o contraria a verità dal richiedente la rettifica (atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità: parametro soggettivo).
Appare palese quanto più ampia sia la tutela accordata al soggetto che si senta offeso da una notizia a mezzo stampa.
Modalità della rettifica
Per la stampa l’art. 8 della legge 47 del 1948 (come modificato dall’art. 42 della legge 416 del 1981) recita che:
“Per i quotidiani, le dichiarazioni o le rettifiche di cui al comma precedente sono pubblicate, non oltre due giorni da quello in cui è avvenuta la richiesta, in testa di pagina e collocate nella stessa pagina del giornale che ha riportato la notizia cui si riferiscono. Per i periodici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, non oltre il secondo numero successivo alla settimana in cui è pervenuta la richiesta, nella stessa pagina che ha riportato la notizia cui si riferisce.
Le rettifiche o dichiarazioni devono fare riferimento allo scritto che le ha determinate e devono essere pubblicate nella loro interezza, purché contenute entro il limite di trenta righe, con le medesime caratteristiche tipografiche, per la parte che si riferisce direttamente alle affermazioni contestate.”
La mancata rettifica per notizia resa a mezzo stampa è disciplinata dall’art. 8 della legge 47 del 1948:
“Qualora, trascorso il termine di cui al secondo e terzo comma, la rettifica o dichiarazione non sia stata pubblicata o lo sia stata in violazione di quanto disposto dal secondo, terzo e quarto comma, l’autore della richiesta di rettifica, se non intende procedere a norma del decimo comma dell’articolo 21, può chiedere al pretore, ai sensi dell’articolo 700 del codice di procedura civile, che sia ordinata la pubblicazione.
La mancata o incompleta ottemperanza all’obbligo di cui al presente articolo è punita con la sanzione amministrativa da lire 15.000.000 a lire 25.000.000.
La sentenza di condanna deve essere pubblicata per estratto nel quotidiano o nel periodico o nell’agenzia. Essa, ove ne sia il caso, ordina che la pubblicazione omessa sia effettuata”.