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Appunti Divini: i vini di Emanuel Piacentini e la Malvasia di Candia dei 7 Colli Piacentini

Emanuel Piacentini dell’azienda Fratelli Piacentini di Ziano Piacentino ci racconta tutte le declinazioni della Malvasia di Candia Aromatica dei 7 Colli Piacentini la più profumata tra le 19 varietà di Malvasie presenti sul territorio nazionale, tra le quali anche delle Malvasia rosse, una Malvasia rosa, che è una mutazione genetica della classica Malvasia

Emanuel Piacentini dell’azienda Fratelli Piacentini di Ziano Piacentino ci racconta tutte le declinazioni della Malvasia di Candia Aromatica dei 7 Colli Piacentini la più profumata tra le 19 varietà di Malvasie presenti sul territorio nazionale, tra le quali anche delle Malvasia rosse, una Malvasia rosa, che è una mutazione genetica della classica Malvasia.

Emanuel Piacentini: Per parlare di Malvasia, dobbiamo dire che è uno dei prodotti forse più importanti che abbiamo sul territorio, dopo l’Ortrugo, in quanto all’estensione dell’Ortrugo, che è l’altro vitigno tipico della provincia di Piacenza, la continuazione è molto più estesa. Però la Malvasia ha una lunga storia, perché tra l’altro a Piacenza abbiamo la Malvasia di Candia aromatica, che è la più profumata tra le 19 varietà di Malvasie presenti sul territorio nazionale, tra le quali abbiamo anche delle Malvasia rosse, una Malvasia rosa, che è una mutazione genetica della classica Malvasia. La tradizione la vuole frizzante, da sempre è stata fatta Malvasia dolce, soprattutto frizzante e dolce, e è dagli anni 90, che grazie anche al cambiamento climatico e a tutta una serie anche di altre motivazioni, che a Piacenza si è cominciato a produrre Malvasia ferma, che oggi sta dando grandi soddisfazioni e prodotti che sono molto molto longevi nel tempo. La temperatura di Ziano, stiamo parlando dell’Emilia, che è fortemente diversa dalla Romagna, ni, e questo è il nostro territorio, per fare un paragone. Clima e territorio dell’Emilia? Allora, parlando dell’Emilia, parlando nello specifico di Piacenza, il territorio a cui noi facciamo riferimento, è un territorio molto variegato, nel senso che abbiamo presenza di tanti tipi di terreno, a Ziano, che è un areale abbastanza stretto rispetto all’estensione provinciale, abbiamo le cosiddette terre argillose della Valtidone, che sono dei terreni piuttosto pesanti, così definiti, in quanto abbiamo dei sostrati di anche un metro e mezzo, due, e che poi vanno giù in profondità. Una particolarità del nostro territorio sono le terre di Montepò, che è questa piccola collina, e qua abbiamo delle condizioni pedoclimatiche uniche nel panorama provinciale, in quanto abbiamo 70 centimetri di strato fertile, e al di sotto della quale c’è della roccia, quindi terreni più vocati a fare qualità che non quantità. Poi abbiamo le terre rosse, che sono le terre più antiche di tutto il territorio di Piacentino, ma anche di tutta l’Emilia Romagna, in quanto è proprio una vene di terre che ora è trasversalmente alla regione. Poi altre terre particolari sono quelle del piacenziano, che sono nella zona di Castell’Arquato, quindi ci spostiamo esattamente dall’altra parte della provincia di Piacenza rispetto a cui ci troviamo noi, e siamo sul confine con Parma.

 

Perché la malvasia ha una storia complessa, sì? È una storia piuttosto complessa, nel senso che, appunto come dicevo, è la malvasia di Candia aromatica è la nostra malvasia, sembra essere arrivata dalla Grecia, portata qua da noi, da Venezia, in quanto in epoche passate c’era un forte commercio di queste uve, soprattutto in vini passiti e vini dolci, anche perché arrivando da terra greca, anche il clima era un po’ quello che c’era qua da noi, quindi si prestava molto bene ad essere appassite le uve e si facevano dei grandi vini dolci. Poi nei secoli la tradizione è un pochino cambiata, non erano più solamente appassite, ma sono state anche vinificate, come dicevo prima, nella tipologia frizzante, soprattutto dolce.

 

Negli anni Ottanta si è cominciato anche a vinificarla nella tipologia sempre frizzante, secca, o addirittura spumantizzata, mentre oggi si sta lavorando anche sulla malvasia ferma.

Susanna Basile: Perché non ci racconti come si fa la malvasia, sia quella frizzante, perché ogni volta che lo sento rimanga affascinante, affascinata, e sia quella spumantizzata, perché parlavamo l’altra volta con Davide del Gutturnio, come avviene la fermentazione del Gutturnio, ed eravamo arrivati a una conclusione, te l’anticipo io, però la voglio spiegata da te nei dettagli, eravamo arrivati alla condizione di dire che potrebbe essere anche uno spumante rosso, il Gutturnio, per la rifermentazione. Però ero curiosa di sapere, così come lo saranno anche i nostri ascoltatori, le nostre ascoltatrici, che differenza c’è tra un vino frizzante e uno spumante, quindi come avviene il processo della malvasia frizzante e della malvasia spumantizzata, qual è la differenza?

Emanuel Piacentini: Allora, diciamo che fondamentalmente la differenza tra una malvasia frizzante e una malvasia spumante è la pressione a cui arriva la nostra fermentazione, perché per ottenere il nostro vino frizzante abbiamo un pochino due strade, la strada classica è quella della rifermentazione in bottiglia, quindi ovvero cosa succede? Prendiamo le nostre uve, le e pigiamo, otteniamo un mosto dolce e lo facciamo fermentare, a primavera aggiungiamo nuovamente del mosto di malvasia che abbiamo tenuto da parte in cantina e facciamo una seconda fermentazione.

 

Questa fermentazione si può fare avvenire in bottiglia. Tanto più è alto il residuo zuccherino, perché noi sappiamo che la fermentazione è la trasformazione dello zucchero in alcol con produzione a livello di carbonica, quindi tanto più residuo zuccherino abbiamo, tanto più zucchero abbiamo, tanto maggiore sarà la pressione a cui noi arriviamo, quindi se abbiamo dei tenori piuttosto bassi di zucchero otteniamo un vino frizzante, se sono un pochino alti possiamo ottenere un vino spumante. L’altra strada, che è quella che è partita attorno agli anni 80, a metà degli anni 80, è la fermentazione in autoclave.

 

Che cos’è l’autoclave? Non è altro che un contenitore, un vaso binario in acciaio, che ha la possibilità di poter mantenere la pressione. Quindi, anziché far fermentare il nostro mosto all’interno della bottiglia, lo facciamo fermentare all’interno dell’autoclave. Qual è il vantaggio? Diciamo così che in autoclave possiamo avere un controllo della temperatura e in queste annate molto calde, o hai la possibilità di avere la cantina completamente coibentata, quindi tutta raffreddata, quindi far avvenire nelle condizioni ottimali la fermentazione, altrimenti hai le autoclave, che sono questi vasi binari, dove hai il controllo della temperatura e quindi puoi registrare, controllare un pochino di più la fermentazione in modo che avvenga in modo lineare e in modo continuo.

 

Logicamente anche qua puoi ottenere delle differenze, perché comunque una rifermentazione in bottiglia ti porta degli aromi, una fermentazione in autoclave te ne porta degli altri. Qui sono un pochino scelte aziendali, che ogni singolo produttore poi fa, in base proprio alla filosofia e ai propri piacere, e un po’ anche all’obiettivo che vuole ottenere per il mercato. Comunque generalmente la malvasia, quella soprattutto spumante, viene fatta in autoclave, cercando di mantenere molto gli aromi freschi, floreali, fruttati giovani che sono un po’ più tipici della malvasia.

 

Che io conosca non ci sono grandi produzioni di malvasia secca, spumantizzata, quindi il metodo classico. Perché la piacevolezza della malvasia è che nella fase giovanile ha veramente una quantità di profumi incredibili e quindi la si esalta nel modo migliore con la fermentazione in autoclave, io penso. Voi la usate spesso da sola oppure in blend? Perché ho visto che comunque c’è un po’ l’utilizzo, perché non ho capito bene fino ad oggi, se la malvasia come monovitigno ha una lunga vita, una lunga durata o ha necessità di essere blendizzata per stare per molto tempo? Allora, la malvasia ha una vita lunghissima.

 

Si è sempre pensato che la malvasia nella tipologia giovane dovesse essere bevuta entro l’anno, ma perché probabilmente una volta non c’era la conoscenza che c’è oggi della malvasia, perché oggi della malvasia è stata studiata veramente in modo molto approfondito. Per cui si è visto che, ad esempio, nella tipologia ferma, che è quella a cui si fa riferimento per l’invecchiamento, ad oggi ci sono ancora in certe aziende bottiglie che hanno una ventina d’anni e ad oggi è ancora perfettamente bevibile. Si può fare il blend e qua vai a dare origine a dei vini che sono aziendali, però generalmente la malvasia viene vinificata un po’ da sola anche perché di profumo ne ha da regalare e da vendere.

 

Ha la sua struttura in funzione poi anche del tipo di terreno, lei risente molto del tipo di terreno, per cui sulle terre nere hai certe sfumature, sulle terre bianche ne hai certe altre. Il blend eventualmente lo puoi fare prendendo uve da terreni diversi per andare un pochino a compensare quelle note olfattive che magari non hai sulle terre nere e hai sulle terre bianche. Ma nella stragrande maggioranza dei casi la malvasia quando è vinificata come malvasia viene vinificata in purezza.

 

Anche perché se dall’altra parte invece usi la malvasia da taglio con altri vini devi stare molto attento perché appunto essendo talmente ricca di profumo è facile che hai un pochino di prevaricare. Sono scelte aziendali del produttore che magari crea un suo blend con piccole particelle di malvasia un po’ di chardonnay, a volte del sauvignon per creare qualcosa di personale che l’azienda costruisce. Se parliamo di malvasia penso nel 99% dei casi venga vinificata a monovitigno.

 

Anche perché per voi mi pare che è una doc la malvasia. La malvasia è una doc, assolutamente ha un proprio disciplinare e si sta lavorando per portare alla DOCG. Infatti in questo momento Vicenza si sta lavorando sulla revisione del disciplinare e si vorrebbe elevare la malvasia nella tipologia ferma e passita con la DOCG.

 

Da sempre è assolutamente una doc. Invece i blend diventano più vini aziendali, diventano i cosiddetti vini da tavola, vini generici perché allora lì ognuno fa un po’ quello che pensa la propria azienda. Perché noi qui in Sicilia ce l’abbiamo che è all’isola di Salina quando io ho conosciuto siamo stati cinque giorni a Salina è stato uno dei nostri primi esperimenti di quando ci siamo depositati, abbiamo fatto da voi che siamo stati otto giorni e abbiamo conosciuto un po’ tutti quanti i vignaioli che fondamentalmente coltivano la malvasia.

 

Susanna Basile: Ma lì c’è ancora un’altra leggenda e questa è un’altra domanda che ti volevo fare per cui abbiamo fatto proprio un articolo sul discorso della malvasia ferma, anche per loro è una novità, diciamo di pochi anni, perché loro sono abituati a fare quella passita normalmente e a qualcosa di frizzante. Considerando che lì hanno dei numeri chiaramente diversi rispetto a quelli vostri perché è una realtà molto più microscopica da questo punto di vista di grande qualità ma sempre piccola è, e lì abbiamo sollevato un vespaio perché litigavano tra di loro per chi era stato il primo che aveva portato avanti questo discorso della malvasia ferma. Da voi quando è iniziato e se c’è stato qualcuno che ha iniziato oppure avete fatto tutti contemporaneamente?

Emanuel Piacentini. No, c’è stato allora parliamo penso degli anni 90 quando si è cominciato a parlare un po’ di malvasia ferma e c’è stato un produttore in mondo particolare che è Stefano Pizzamiglia dell’azienda La Tosa che è un’azienda riconosciuta a livello nazionale ed internazionale ed è stato un po’ il primo che ha guardato la malvasia con un occhio un pochino diverso Stefano era originario del territorio in quanto la mamma piacentina ma il papà no e ha sempre vissuto a Milano.

 

Quando è tornato a casa sul territorio anche lui si è approcciato alla malvasia nel modo tradizionale facendo malvasia frizzante poi si era reso conto che in realtà lui essendo un pochino libero da condizionamenti del passato e anche della tradizione visto che secondo lui aveva delle potenzialità che erano ben maggiori che non essere unificato solamente frizzante e da lì è aperto la strada per la verificazione della malvasia ferma. Noi stessi come azienda ci siamo un po’ ispirati lui perché noi abbiamo cominciato a vinificare la malvasia ferma nel 1997 e ci siamo un pochino basati su quella che è stata la sua esperienza quelle che erano state le sue prima annate messe in commercio, avevamo assaggiato i suoi vini, ci avevamo resi conto che effettivamente la malvasia forse ferma esprimerà il meglio di sé e quindi anche noi abbiamo cominciato a vinificarla poi abbiamo continuato a produrla anche nella tipologia frizzante e negli ultimi 3-4 anni ci siamo dedicati anche noi solamente a quella ferma.

 

Susanna Basile: Ma che tipo di riscontro ha il mercato da questo punto di vista? Perché voi sempre mi diceva, Davide chiaramente poi ognuno di voi ha un punto di vista anche leggermente diverso, non perché fate parte tutti quanti della stessa associazione, per cui voi avete un mercato frizzante, chiamiamolo così molto endogeno interno, cioè per quanto riguarda e poi invece per quanto riguarda il discorso appunto dei vini fermi avete un mercato diverso, non so come la vedi tu?

 

Emanuel Piacentini: Sì sì, sono assolutamente d’accordo come ti dicevo prima, cioè il territorio piacentino è conosciuto per i vini frizzanti, tant’è che oggi penso che ancora l’87-88% della malvasia sia prodotta nella tipologia frizzante e una piccola parte tono al 7-8-10% ecco, si sta producendo nella tipologia ferma è un po’ proprio un discorso di fare questo switch di scollegarsi da quello che è stato il passato e cercare di vedere le potenzialità che ha effettivamente questo prodotto, per mercati internazionali da quello che so, di aziende che fanno anche export che la malvasia piace molto proprio perché comunque questa sua aromaticità, che però non è sforzosa diciamo così, non è qualcosa di troppo invasivo è estremamente piacevole e soprattutto dal meglio di sé dopo anche un anno, due anni che è in bottiglia.

Susanna Basile:  In ogni caso mi permetto di dirlo come esperienza di bevitrice in effetti a me piace anche la malvasia frizzante però in realtà a livello di finezza di nobiltà di se appunto, come dici tu negli anni poi prende anche un odore, un sapore e un colore diverso e quindi anche accedere a un certo tipo di mercati penso anche al discorso della premiazione di tutto ciò che ha a che fare con i vari manuali dove sono presenti sicuramente la malvasia ferma ha un suo perché, un suo futuro come dici tu assolutamente penso che sia un po’ veramente il cavallo che ci permetterà di uscire un po’ dai nostri confini tradizionali e poter andare un po’ a incontrare i gusti un po’ di tutti parlando proprio di uscire dai confini italiani.

 

Susanna Basile: A proposito del Gutturnio ricordiamo sempre ai nostri spettatori e spettatrici che il Gutturnio è un blend fatto da Barbera e Bonarda perché anche Davide l’altra volta dava per scontato che tutti quanti conoscesse il Gutturnio è un nostro argomento di conversazione è un blend tra circa 60 di Barbera e 40 di Bonarda, però sono del taglio un po’ classico. E Bonarda per voi è croatina dall’altra parte del Po’?

Emanuel Piacentini: Croatina sì, Bonarda e Croatina sono usati come sinonimo Bonarda e Croatina che sono spessi io lo faccio sempre ripeto nel senso che danno colore, mentre la Barbera è quella più aromatica, ho capito bene è quella più aromatica e quella che ti dà anche un pochino più di acidità che rimane un pochino più fresca, anche qua con la diversificazione a seconda dei tipi di terreno però generalmente la Barbera è quella che dà la freschezza invece la Bonarda è quella che dà la struttura proprio perché ha il tannino e poi questi anni ne produce sempre anche poca per cui hai delle belle Bonarde strong e quindi vengono mitigate molto bene dalla Barbera.

Susanna Basile:  Vogliamo parlare un attimo prima di chiudere del meraviglioso spumante che mi hai offerto che invece non c’entra niente con la malvasia quindi anche se non è il vitigno di cui dovevamo parlare però ne parliamo allo stesso

Emanuel Piacentini: Chardonnay, il vino a cui fai riferimento è il nostro metodo classico che si chiama Sensazioni, hai assaggiato e degustato il 70 Mesi, per noi parlare di metodo classico a Piacenza è un po’  una novità nel senso che non se ne mai fatto tanto, ci si sta approcciando un po’ negli ultimi negli ultimi anni, anche se nostro padre ha cominciato a produrre un po’ di metodo classico quasi, anzi senza togliere il quasi, 50 anni fa abbondanti proprio perché aveva la passione per gli Chardonnay e i Pinot Grigio e poi sui terreni lì di Montepò ha sempre visto che lo Chardonnay veniva molto molto bene. Inizialmente lo vendevamo sempre col tappo a corona con il fondo, quasi precorrendo un po’ i tempi, mentre dal 2007 siamo usciti in commercio con un prodotto degorgiato quindi pulito e con il tappo fungo per noi è una grande soddisfazione anche perché rappresenta veramente un po’ quello che è il territorio di Ziano e le potenzialità che può avere il territorio di Ziano pensare a uno spumante che ha appunto 70 mesi di affinamento ma ciò nonostante rimanga ancora molto fresco abbia questa bella sapidità mineralità che proprio viene fuori viene ceduta piano piano…

 

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