Appunti diVini si propone di unire, la psicologia delle famiglie del vino, della birra, dell’olio e di tutte le eccellenze del territorio italiano mettere in contatto tutte le realtà che hanno a che fare con il vino, le strade del vino, i consorzi, gli enologi, gli agronomi, i sommelier, non solo di Sicilia, ma anche di tutta Italia, in modo da fare conoscere queste realtà, queste situazioni, sia nelle cose buone, belle, sia nelle criticità.
Presidente di “Proposta vini” Gianpaolo insieme a Marta propongono una ricerca sui vitigni prefillossera in un libro che è un opera d’arte in tutti i sensi sia come ricerca sia come produzione che ci racconta la storia dei produttori che ancora cercano di mantenere con grandi difficoltà e amore i vitigni che possono mantenere una grande longevità proprio perché sono ancora allo stato originale. Una storia che inizia tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900. La viticoltura europea, e con essa quella italiana, in quel periodo rischiò di essere distrutta a causa della rapida diffusione di un afide che divenne tristemente famoso, noto con il nome di fillossera.Dopo diversi anni si giunse a una soluzione che permise ai vitigni europei di non andare per sempre perduti. Ciò che non era andato distrutto si doveva innestare su impianti radicali americani. E quindi “quasi tutto” venne sradicato e reimpiantato utilizzando barbatelle innestate dagli americani. Proprio in quel “quasi” si trovano la sopravvivenza i vigneti a piede franco che sono giunti fino a noi, e che sono testimoni di quella cultura millenaria dove l’uomo è legato alla vite, che rappresenta come museo vivente un patrimonio di biodiversità e di memoria.
L’importanza di essere franco di Girardi e De Toni testimonia il racconto di un viaggio che attraversando alcuni dei vigneti che esistono ancora su piede franco in Italia manifesto delle tradizioni famigliari dei viticoltori che li hanno conservati e che ancora oggi li conservano con le loro scelte fuori dalle logiche di convenienza economica. Narrazione della storia dei territori dove loro i protagonisti della ricerca li hanno trovati e delle caratteristiche che li rendono unici nel panorama vitivinicolo italiano. A dare autorevolezza a quello che potrebbe sembrare un libro di narrativa vitivinicola ci sono i contributi del Prof. Mario Fregoni e del Dott. Diego Tomasi, nonché la collaborazione del giornalista enogastronomico Domenico Liggeri, per dare lustro e voce anche agli enologi che lavorano queste uve da sempre.
La viticoltura a piede franco ha sollevato una serie di questioni che non si possono più ignorare dal mondo dei vignaioli e il mercato non può fingere che non esistono vini che risultano essere tra le migliori rappresentazioni di storicità viticola di un territorio. La viticoltura a piede franco chiede di essere ri-conosciuta, anche se considerata come una delle possibilità e con essa i suoi vini per la loro conoscenza. Ricordiamoci sempre quante specie di piante di animali di minerali l’uomo nella sua “cupidigia” ha fatto cessare di esistere. E questo pensiero prescinde dalle “calamità naturali” che spesso vengono imputate all’estinzione di qualsiasi specie esistente su questa Terra.
Dall’introduzione del libro L’importanza di essere franco ed. Vini Franchi
Viti incapaci di invecchiare di Gianpaolo Girardi
I vigneti stanno morendo! Questo l’appello disperato di molti grandi nomi tra cui Anselme Selosse, Jean Louis Chave, Peter Sisseck, Lalou Bize Leroy e molti altri che, insieme al vivaista Lilian Bérillon, hanno prodotto lo scorso febbraio 2024 un documentario intitolato Un point c’est tout! (Punto e basta!).
Detto documentario vuole essere una denuncia del deperimento delle viti provocato non tanto dal cambiamento climatico, quanto dalla produzione industriale così come dalla mancanza di diversità varietale.
Piante incapaci di invecchiare!, dicono.
A differenza dell’attenzione dedicata all’enologia, la questione agronomica della cura della vigna è purtroppo ancora oggi sottovalutata. Nel documentario la questione viene fieramente affrontata.
Le viti prodotte su scala industriale, dunque con scarsa variabilità e prospettive di vita brevi, rischiano di non avere più la capacità di esprimere – nel vino – i caratteri e l’unicità dei territori, dei vigneti e dei microclimi. È un momento drammatico nel quale, tra l’altro, la varietà dell’uva come espressione sta diventando più forte e decisa rispetto a quella del territorio.
Bérillon sostiene: tutti concordano nel dire che il mondo viticolo ha sbagliato strada ed è urgente cambiare sin da oggi, per non correre il rischio di vedere scomparire a lungo andare il gusto dei grandi vini. C’è ancora speranza, osserva Jean Louis Chave, però il tempo stringe perché ogni anno muoiono sempre più viti ancora molto giovani. Un vero e proprio dramma quando si sa che sono le vecchie vigne di almeno 40 anni, come ricorda Lalou Bize Leroy (Domaine Leroy, Borgogna), che fanno grandi vini.
Parlando ai suoi colleghi, il vivaista li invita con caparbietà a mettersi in discussione e a rivedere il modello di produzione vivaistica fin oggi in essere.
Selezioni Massali e Trasmissione sono due dei temi di Bérillon nel quale si inserisce questo nostro lavoro. Le viti su piede franco, infatti, sono portartici di una memoria millenaria: sono in grado, appunto, di trasmettere.
Finora si è semplicemente e tristemente cercato di produrre di più dando spazio all’uso massiccio e indiscriminato della chimica. Solo alcuni piccoli produttori, in ogni parte d’Europa, hanno cercato di limitar- ne l’uso al minimo indispensabile.
Altro aspetto deleterio è poi l’impoverimento varietale determinato dall’enorme riduzione delle biovarianti delle viti. A causa di un processo sempre più accentuato negli ultimi anni proprio grazie agli innesti, le viti non sanno più invecchiare.
Le pratiche agricole tradizionali, basate su conoscenza e tradizioni millenarie, dovrebbero essere il motore delle applicazioni e della ricerca. Oggi, al contrario, si produce con processi industriali, al di là di ogni ragionevole motivazione.
Il lavoro si è dato i seguenti obiettivi:
– stimolare i produttori a riprendere – almeno su terreni sabbiosi, in
altitudine o isolati – la pratica della viticoltura su piede franco;
– invitare gli appassionati e i consumatori di vino a rilevare le differenze – che sono notevoli – tra un vino proveniente da viti non innestate rispetto a uno convenzionale;
– imparare a riconoscere i vigneti su piede franco (talvolta ancora con il loro allevamento tradizionale) in base alla forma e all’età delle viti. I vigneti di questo genere sono infatti dei musei a cielo aperto: eterni e belli da vedere.
Non ha prezzo la sapienza delle piante!