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Ztim Ztum Bang: Luca Siniscalco Julius Evola Metafisica del sesso, Sacro Graal, Amore Cortese, I Fedeli d’Amore, la Cavalleria Templare

Siamo alla fine del V capitolo dell’esperienza più entusiasmante che ha coinvolto l’esame del saggio Metafisica del sesso con il prof. Luca Siniscalco e la sottoscritta due punti che si incontrano il filosofo e la psicologa. Argomenti Sacro Graal Cavalleria Templare Amor Cortese e i Fedeli d’Amore.

Grazie per l’introduzione e ricordo ai nostri ascoltatori che il capitolo che oggi stiamo trattando è il quinto, come già è stato ricordato, intitolato Sacralizzazioni ed Evocazioni, in cui Evola prende in considerazione tutta una serie di fenomeni, di processi, di pratiche legate all’utilizzo dell’erotismo all’interno della simbologia, ma soprattutto della pratica, quindi dell’operatività magica, esoterica e, in un senso più lato, religiosa. L’ultima parte che abbiamo riservato all’incontro di oggi, che è suddivisa in due capitoli, può presentarsi però come una sezione unitaria, perché è tutta dedicata alla trattazione del tema dell’amore, sempre nell’ottica di metafisica del sesso, all’interno della civiltà del medioevo cristiano e, in particolare, all’interno non del mondo medievale, per così dire mainstream, ma di alcuni gruppi esoterici e iniziatici che Evola prende in considerazione e approfondisce. Proseguendo, peraltro, una operazione di ricerca che Evola già aveva elaborato in altri suoi testi, soprattutto all’interno del saggio Il mistero del Graal, in cui Evola si occupa del simbolismo del Graal, del valore spirituale della cavalleria medievale, il significato simbolico e metafisico del tema letterario della ricerca appunto del Santo Graal, dove già era rimasto affascinato da questi gruppi che, anticipo, riguardano le corti medievali, quindi il mondo dell’amore cortese, la cavalleria, soprattutto quella templare, e i fedeli d’amore.

 

Tre filoni diversi che adesso andremo a trattare un po’ più nel dettaglio, sulla scorta di quanto spiegato da Evola, che però appartengono a questo comune sostrato storico-culturale e religioso da un punto di vista molto più simile all’epoca storica. L’introduzione di Evola a questo tema è metodologicamente interessante perché Evola ci tiene a precisare un dato molto importante che mostra la serietà con cui l’autore tratta questi temi. e il fatto che non si deve idealizzare quest’epoca storica ritenendo che fosse appannaggio della cultura comune, dell’uomo medio, la conoscenza di questi depositi sapienziali, che invece si erano già ritirati all’interno di una dimensione esoterica che riguardava piccoli gruppi di iniziati.

 

Quindi Evola esprime la necessità di distinguere fra la realtà, una realtà socio-culturale in cui la donna spesso era tutt’altro che idealizzata ma anzi subordinata all’uomo, ritenuta da un punto di vista sociale, culturale ed economico sottoposta all’autorità del sistema patriarcale e anche spesso come testimoniato da documenti storici oggetto di maltrattamenti e di violenze. Il mondo di cui stiamo adesso andando a parlare non vuole essere una rappresentazione idilliaca di una civiltà medievale che in questa forma non è mai esistita, ma appunto di una tradizione specifica che attribuiva al principio femminile e quindi alla donna come incarnazione di questo principio un valore profondo, radicale, degno di rispetto all’interno di un percorso iniziatico. E’ inoltre interessante da precisare prima di entrare nel vivo di queste tradizioni, come Evola inserisca questa riflessione all’interno del tema delle evocazioni, perché Evola precisa come, anche se in alcuni casi questi riti di magia erotica potevano avere delle espressioni operative, questo avverrà soprattutto nel caso dei fedeli d’amore, come vedremo, in altri casi, come in quello prevalentemente della amor cortese, della cavalleria, la donna, il principio femminile, era inteso più che altro da un punto di vista metafisico-intellettuale e quindi era un principio cosmico che poteva essere conseguito a partire dall’esercizio di quella che con Jung potremmo chiamare l’immaginazione attiva del praticante, ma che non prevedeva o non prevedeva necessariamente la realizzazione del rapporto reale e carnale con la donna.

 

Questo non però sulla base di una sorta di ascetismo della carne o di una condanna morale della sessualità, ma proprio sulla base di un diverso cammino di tipo spirituale, operativo, all’interno del quale era proprio il fatto che questa meta spirituale non era concretamente disponibile, ma era evocata come un orizzonte ultimo a creare per l’uomo la possibilità di un’esperienza di ricerca, che altrimenti sarebbe subito realizzata e consumata, e che si basava su quella figura che Evola definisce come la donna della mente, o altrove chiama anche la donna interiore, e che permetteva all’uomo che perseguiva questo ideale, la realizzazione di un costante impulso all’autotrascendimento, molto coerente con l’ideale cavalleresco medievale. Le imprese eroiche, i pericoli, le avventure che l’uomo dedicava, a volte in modo quasi fanatico, alla propria donna, facevano sì che non raggiungendola mai, l’uomo potesse stare in una continua tensione verso questo principio. i tre ambiti che ho prima menzionato. Il primo appunto è quello dell’amor cortese. Che cosa si intende per amor cortese? Questa espressione intende riferirsi a quella concezione dell’amore sviluppata nelle corti feudali del XII e XIII secolo, specialmente in Provenza e poi in Italia, legata allo sviluppo della poesia volgare, nella quale l’amore del poeta per la sua donna, definito appunto amor cortese, era tematica centrale.

 

Questo amore viene spesso, da un punto di vista letterario, poetico, paragonato all’omaggio del cortigiano nei riguardi della sua signora ed è inteso come una forza capace di esaltare la virtù di chi gli ama. Questa concezione, che è nota all’interno della storia della letteratura, secondo Evola non fu soltanto semplicemente un escamotage letterario, una idealizzazione del principio femminile legato ad un topos dell’espressività poetica, ma si legava ad una consapevolezza da parte di alcuni autori dell’esistenza di, per così dire, per citare Evola spesso, corti d’amore reali, ossia di contesti in cui i costumi delle donne erano particolarmente liberi, probabilmente anche perché stiamo parlando di donne appartenenti alla rittocrazia, alle classi sociali superiori, e all’interno del quale questa forma di amore idealizzato diventava una forma di autotrascendimento per l’uomo che superava con questa aspirazione i propri limiti consueti. Io posso fare solo una… a livello iconografico ci sono tantissime testimonianze di questo discorso della libertà, chiamiamola femminile, che è paradossale perché non se l’aspetta, e sono quei famosi quadri di cui anche Bosch, Hieronymus Bosch, uno dei suoi autori, dove ci sono queste bellissime fontane e dentro, all’interno di queste fontane, ci sono uomini e donne nudi che fanno delle abluzioni, o così come anche il codice, quello là,  Manoscritto Voynich che non è mai stato tradotto perché non si riesce a capire, dove ci sono proprio tutta questa serie di rappresentazioni di nudi femminili che fanno il bagno, che si vedono che sono… mi piaceva dirlo perché questa cosa mi fa ridere, quando poi mi viene troppo da ridere perché penso al periodo in cui poi questi bagni sono stati definitivamente chiusi, anche quelli che erano rimasti, che erano un retaggio delle antiche terme che erano aperte fino al periodo protocristiano, perché poi c’erano i cristiani che avevano questo problema con il corpo, non nei controndi della peccaminosità, e poi vennero riaperte soltanto nel 1800, se ci pensi un attimo, questi bagni, queste termine, volevo fare questa piccola… Interessante, e fra l’altro, diciamo, trovo una corrispondenza nel fatto che il ruolo dei bagni e del simbolo del lavacro è molto importante anche nella tradizione islamica, dove eppure, come Evola la nota in qualche passaggio, vi è una tradizione di una celebrazione poetica dell’amore che può essere studiata comparatisticamente in parallelo con la lirica dei trovatori e con i componimenti dell’amor cortese, perché presenta delle concezioni molto simili, quindi può essere, andrebbe studiato, ma può essere che vi sia una sorta di collegamento fra questi luoghi che citavi, e lo sviluppo, o comunque il supporto allo sviluppo di un rapporto particolare con la corporeità e quindi anche con certe pratiche sessuali.

 

Oltre che dell’amore cortese, evo la si occupa, come già accennavo, anche della cavalleria. È proprio in riferimento alla cavalleria che evo la cita, quell’espressione che ho già menzionato, della donna amata come donna della mente, per indicare come, e qui cito un passaggio, è nella immaginazione dell’uomo, intende, che viveva e aveva essenzialmente sede tale donna, corrispondentemente su un piano sottile che il cavaliere portava da giro il suo amore, il suo desiderio e la sua esaltazione. Solo così si può comprendere che la donna a cui si consacrava la propria vita, e per la quale si compiva una specie di imprese rischiose, spesso veniva scelta in modo tale che la possibilità di possederla realmente era già esclusa in partenza.

 

Quindi in questa tradizione, secondo evo la, la donna è evocata, ecco perché l’inserimento di questo tema nella sezione delle vocazioni, attraverso l’esercizio di questa immaginazione creatrice che permette all’uomo d’azione, al cavaliere, che nel sistema tradizionale di Evola corrisponde, lo ricordo, alla classe guerriera in India, porta il nome di ksatriya, può utilizzare come uno strumento di ascesi. Qui la relazione erotica, e quindi il dominio dell’amore, è in qualche modo fortemente connotato in un senso guerriero, e evo la menziona anche l’importanza delle crociate e specialmente del gruppo dei templari nella comprensione di questo fenomeno. Non è un caso che, di questo già abbiamo parlato, l’amore sia stato spesso simbolicamente, metafisicamente messo in relazione con la guerra.

 

Pensiamo alla coppia divina di Marte e Venere, o Ares e Afrodite nel mondo greco. Questo legame, mai pacificato ma sempre dinamico, creativo e demiurgico, in una certa misura, tra queste due polarità, è come se tornasse sotto veste esterna, esoterica, cristiana, all’interno della cavalleria medievale. Ma poi c’è il terzo ambito di cui Evola si occupa in questa sezione, quello più cospicuo e quello probabilmente più importante, che è il tema dei fedeli d’amore.

 

Un tema che, come lo stesso Evola riferisce, ha approfondito, da un punto di vista diverso ma complementare, nel saggio sul mistero del Graal. Che cosa intendiamo quando parliamo di fedeli d’amore, queste misteriose figure spesso evocate all’interno dello studio dell’esoterismo occidentale? Qui Dante riprende uno studio pionieristico condotto dall’italiano Luigi Valli, che Evola cita direttamente, intitolato Il linguaggio segreto di Dante e dei fedeli d’amore.

Su Guénon poi dirò qualcosa. Tutti autori che, più o meno nella stessa cornice storica, anche se Guénon è successivo, Valli è l’autore più pionieristico, ma si sono occupati di questa tematica. Riconoscendo, ipotizzando perché le fonti storiche e documentali non sono significative, tanto che ci sono tanti studiosi che in realtà mettono in dubbio la realtà storica e l’esistenza dei fedeli d’amore, l’esistenza di un gruppo, un sodalizio, una organizzazione iniziatica con questo nome, alla quale avrebbero fatto parte importantissime figure della letteratura italiana come Guido Cavalcanti, Cino da Pistoia e soprattutto il Dante della Divina Commedia, in quali, collegandosi alla tradizione trovadorica, ma superandola in quanto di epoca successiva, avrebbero ripreso il tema dell’amore cortese alla luce però di una sapienza iniziatica reale, concreta, legata a delle vere e proprie pratiche magiche.

 

Il linguaggio d’amore simbolico che percorre i componimenti di questi autori, cioè secondo Evola, non sarebbe mai rivolto alla singola donna cui i componimenti sono dedicati, la Beatrice di Dante, per esempio, ma utilizzerebbero come simbolo delle donne reali per parlare del rapporto istituito dall’iniziato con un’unica donna, immagine della sapienza santa e della gnosi, la conoscenza del principio. Ma quello su cui Evola calca molto la mano, prendendo le distanze a suo avviso dal Valli e in parte anche dagli altri autori che ho menzionato, è il fatto che secondo Evola questa concezione dei fedeli d’amore era legata in primo luogo ad un’effettiva esperienza e quindi a pratiche operative, rituali. Non che gli altri autori l’avessero del tutto negato, ma Valli era essenzialmente uno storico della letteratura, quindi conosceva meno il linguaggio tecnico dell’iniziazione.

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