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Il report di Openpolis: “I 100 giorni del Governo Conte”

Il primo giugno del 2018 prestava giuramento il governo Conte. Il sito Openpolis, specializzato nel monitorare e analizzare le attività istituzionali della politica italiana, ha elaborato unlungo dossier sui primi 100 giorni del Governo “giallo-verde”. Ecco riassunte le parti principali.
Dopo la più lunga attesa post elettorale che il paese avesse mai avuto, il contratto di governo firmato da Movimento 5 stelle e Legak, 100 giorni fa, ha dato il via all’esecutivo giallo-verde. Un’alleanza inedita e inaspettata, che di fatto ha sbloccato un’impasse politico causato da una tornata elettorale senza un chiaro vincitore. Tante cose sono successe in questi primi mesi di governo.

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Il primo e forse più significativo elemento caratterizzante del governo Conte riguarda la sua composizione. Tra gli esecutivi politici che si sono susseguiti dal 1948 ad oggi, mai la percentuale di esordienti era stata così alta. L’89,50% dei ministri indicati da Giuseppe Conte non aveva infatti mai svolto quell’incarico prima, con solo Savona e Moavero Milanesi che avevano nel proprio curriculum precedenti ruoli da ministro.

La novità apportata dal governo giallo-verde è anche anagrafica. Con un’età media sotto ai 50 anni, per la precisione 46 anni, la squadra capitanata da Giuseppe Conte ha segnato una forte linea di demarcazione rispetto agli esecutivi che lo hanno preceduto. Da Letta a Gentiloni, passando per Renzi, le 3 squadre di governo che avevano caratterizzato la XVII legislatura superavano tutte i 50 anni di età media. In controtendenza invece sono i numeri sulla parità di genere. Con sole 11 donne tra i ministri, viceministri e sottosegretari, si è registrato di gran lunga il dato più basso dal 2013 a oggi.

Da inizio legislatura sono state approvate 10 leggi: 4 decreti convertiti in legge ereditati dal precedente governo Gentiloni, l’istituzione di 2 commissioni d’inchiesta e 4 provvedimenti proposti dalla squadra di Conte. Come ormai prassi da anni nel parlamento italiano, l’iniziativa dei testi che escono da Montecitorio e Palazzo Madama è sempre più nelle mani del governo e non dei membri del parlamento. Anche l’attuale esecutivo sta confermando questo trend, monopolizzando non solo la produzione delle leggi ma anche il calendario dei lavori. Escludendo i testi proposti dal governo, quelli per l’istituzione di commissioni d’inchiesta, e quelli che già sono diventati legge, solo 2 testi di iniziativa parlamentare sono stati discussi in aula ottenendo una prima approvazione: il ddl Meloni sulla sicurezza dei bambini in auto, e il ddl Romeo sul terzo settore.

Oltre ai 4 decreti già convertiti in legge, il parlamento in questi 100 giorni ha anche discusso l’annuale milleproroghe, con un primo via libera da parte di Palazzo Madama. Proprio in questo ramo, come visto, i numeri dell’esecutivo sono più incerti, rendendolo il banco di prova più difficile per il governo.

La riunioni del consiglio dei ministri sono il momento in cui vengono ufficializzate e deliberate le azioni di governo. Da quando si è insediato il governo Conte ci sono state 16 riunioni del consiglio dei ministri: 7 a giugno, 5 a luglio e 4 ad agosto, di cui le ultime due a Genova in seguito al crollo del ponte Morandi. Questi incontri non sono mai durati più di 1 ora e mezza, per una durata media di 52 minuti, dato più basso dal governo Letta ad oggi. Proprio rispetto a quest’ultimo si nota la differenza maggiore, quando gli incontri del governo duravano in media 1 ora e 46 minuti.
All’ordine del giorno sono passati più di 100 provvedimenti, tra decreti del presidente della repubblica, decreti legge, decreti legislativi e deliberazione del consiglio dei ministri. Ovviamente per livello di importanza meritano particolare attenzione i decreti leggi e i decreti legislativi, i due atti a disposizione del governo che hanno valore di legge.

Il governo Conte ha deliberato 6 decreti legge. Quattro sono già stati convertiti in legge dal parlamento (decreto dignità, decreto tribunale di Bari, quello per la cessione di unità navali alla Libia e quello per riordino dei ministeri), uno è attualmente in discussione (il milleproroghe), e uno, quello sulla fatturazione elettronica per i benzinai, è decaduto essendo stato assorbito proprio dal milleproroghe. I numeri sono in linea con quelli dei governi precedenti, quando i decreti legge deliberati erano stati 8 con Letta e Renzi, e 7 con Gentiloni.

Le frecce legislative nell’arco di un governo sono 3: i disegni di legge, i decreti legge e i decreti legislativi. I disegni di legge deliberati dal consiglio dei ministri sono stati 11, di cui 8 per la ratifica di trattati internazionali. Gli altri 3 sono rispettivamente: il rendiconto generale dello stato per il 2017, l’assestamento di bilancio, entrambi provvedimenti standard e annuali, e una proposta di legge del ministro Grillo in materia di sicurezza per le professioni sanitarie. Su 11 disegni di legge quindi, solamente 1 è il frutto di una vera proposta di governo. Discorso simile può essere fatto sui decreti legge che abbiamo già elencato. Tre di essi rispondono a esigenze imminente ed eccezionali (l’emergenza del tribunale di Bari, la cessione delle unità navali alla Libia, il riordino dei ministeri), un quarto, il milleproroghe, è una legge annuale che viene fatta da ogni governo per prorogare i termini di disposizioni legislative passate. Di fatto solamente il decreto dignità risulta essere una vera proposta politica di governo.

Per quel che riguarda le attività parlamentari dei membri del Governo va rilevato che alla camera il ministro-deputato con la percentuale più bassa di presenze è Giulia Grillo (0,18% di partecipazione alle votazione elettroniche), seguita nell’ordine da Bonafede (2,01%), Fraccaro (2,75%), Fontana (3,11%) e Di Maio (41,21%). Al senato invece la primatista è Barbara Lezzi (1,99% di presenze) davanti a Salvini (4,33%), Bongiorno (6,56%), Stefani (11,12%), Centinaio (21,66%) e Toninelli (31,15%). Da considerare che la percentuale media di presenze alle votazioni elettroniche alla camera e al senato è rispettivamente dell’80,78% e dell’87,22%. Anche per i sottosegretari la situazione non migliora. I 31 deputati che svolgono questo incarico partecipano in media al 16% delle votazioni, mentre i 7 senatori in questione al 32%, dato spinto fortemente in alto da Vito Crimi unico parlamentare anche membro del governo ad avere un tasso di partecipazione vicino alla media (78,45%). L’importanza e la difficoltà dei due ruoli in questione è alta, e portarli avanti contemporaneamente, come ci dicono anche i dati, sembra essere molto complicato.
La compatibilità dei due incarichi è sempre stato un problema, e in altri paesi come la Francia, per esempio, è impossibile essere allo stesso tempo membro del governo e del parlamento come normato dall’articolo 23 della Costituzione francese: “Le funzioni di membro del Governo sono incompatibili con l’esercizio del mandato parlamentare, di qualsiasi funzione di rappresentanza professionale a carattere nazionale e di ogni impiego pubblico o attività professionale”.

Il dossier completo è disponibile al link: https://www.openpolis.it/wp-content/uploads/2018/09/100-giorni-governo-Conte.pdf?utm_source=Newsletter&utm_medium=email&utm_term=MailUp&utm_content=MailUp&utm_campaign=Newsletter

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