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La mera esecuzione della prestazione sanitaria non garantisce il risultato del medico

La pronuncia
La Corte di Cassazione con l’ordinanza del 10.12.2020 n. 26905/2020 ha stabilito che il paziente non può pretendere dal medico il risultato in quanto questo non è assicurato dalla mera esecuzione della prestazione sanitaria.

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Il fatto
La prestazione professionale del medico non può garantire in assoluto il risultato sperato dal paziente, anche se è in sé esente da errori o inesattezze.
Di conseguenza ai rapporti medico-paziente non si applica il principio secondo cui il creditore-danneggiato può agire per il risarcimento del danno solo allegando l’inadempimento del debitore.
L’inadempimento invocato in giudizio dal paziente in base al nesso di causalità materiale dimostra soltanto che a seguito della condotta del medico si è prodotto l’evento lesivo dell’insoddisfazione dell’interesse del paziente all’esecuzione dell’intervento a regola d’arte ma non basta a provare che la lesione dell’interesse primario derivi dalla condotta del sanitario, in quanto il tipo di prestazione professionale non garantisce e non può assicurare la realizzazione del risultato primario.

La normativa di riferimento
Le obbligazioni professionali di diligenza si caratterizzano per un doppio profilo: l’interesse della parte al ripristino, al miglioramento o al non aggravamento delle proprie condizioni di salute e l’interesse strumentale all’esecuzione della prestazione in ossequio alle leges artis.
Il principio appena enunciato, tiene conto della peculiarità della responsabilità medica, rispetto alla “generale” responsabilità contrattuale, in cui l’interesse primario è quello della guarigione e l’oggetto dell’obbligazione è il diligente svolgimento della prestazione ex art. 1172 2 comma c.c.
Ciò posto il paziente che voglia far valere un’ipotesi di responsabilità medica deve quindi provare (anche per presunzioni) che la condotta del medico è la causa dell’evento lesivo della salute.

Considerazioni interpretative della Corte di Cassazione
Nei giudizi risarcitori da responsabilità medica, la Corte, conferma la “teoria del ciclo causale inverso”, applicando il nesso di causalità materiale al rapporto fra condotta inadempiente ed evento lesivo della salute.
Il principio a cui si perviene è quello per cui il creditore-danneggiato deve provare il nesso di causalità fra l’insorgenza o l’aggravamento della patologia o la morte e la condotta del sanitario (fatto costitutivo del diritto), mentre spetta al debitore-danneggiante dover provare che una causa imprevedibile ed inevitabile ha reso impossibile la prestazione (fatto estintivo del diritto).
La Cassazione ha precisato con la recente ordinanza che in assenza della chiesta prova si dovrebbe ammettere che dalla prestazione del sanitario derivi la certezza del raggiungimento del risultato, con ciò ponendosi in contrasto con la natura stessa dell’obbligazione del medico che, appunto, appartiene alla categoria delle obbligazioni di diligenza professionale, che gli impongono di agire conformemente alle leges artis ma non di garantire l’esito della cura.

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Claudio Basile
Claudio Basile
Avvocato Claudio Basile Per info e contatti: studiolegalebasile@yahoo.it
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