La sepsi – conosciuta nella sua forma più grave come setticemia – costituisce la settima causa di morte in Europa e in Nord America. In Italia ha un’incidenza maggiore dell’infarto, con 60 mila morti ogni anno ed un tasso del 40-60% di mortalità ospedaliera nelle forme più gravi. E chi sopravvive, spesso, riporta devastanti conseguenze organiche e psichiche per tutto il resto della vita.
Per mantenere elevata l’attenzione dei professionisti, del management sanitario e delle istituzioni sulla sepsi e per ridurne la mortalità il 13 settembre è stata istituita in tutto il mondo il “World Sepsis Day”, un’iniziativa della Global Sepsis Alliance a cui ha aderito anche la città di Catania con un convegno dal titolo “La sepsi: come, dove e quando”, che si è svolto oggi nell’aula magna del Policlinico di Catania e promosso dall’Unità operativa Qualità e Rischio clinico dell’Azienda ospedaliero-universitaria “Policlinico-Vittorio Emanuele”, dall’Azienda sanitaria provinciale, dall’Azienda ospedaliera Cannizzaro e dell’Arnas Garibaldi.
“Al pari di altre affezioni, l’esito della sepsi – ha spiegato uno dei promotori dell’iniziativa, il dott. Vincenzo Parrinello, direttore della Uo Qualità e Rischio clinico del Policlinico catanese – è condizionato dalla tempestività della diagnosi e dall’appropriatezza delle terapie. La sua gestione iniziale non richiede il ricorso a tecniche diagnostiche complesse, a presidi o farmaci costosi o, in generale, di difficile disponibilità. Viceversa, se non viene tempestivamente riconosciuta e correttamente gestita nelle fasi di esordio, la sepsi evolve in forme cliniche che richiedono interventi sanitari costosi e che presentano una elevata mortalità”. Non a caso si tratta della patologia con il costo di ospedalizzazione più alto: nei casi più gravi dai 25mila ai 50mila euro a caso.
Il meeting – promosso con l’aiuto organizzativo degli studenti del corso di laurea magistrale di Infermieristica dell’Università di Catania – si è aperto con gli indirizzi di saluto del rettore Francesco Basile, del consulente dell’assessorato regionale della Salute Pino Liberti, dell’assessore comunale alla Sanità Giuseppe Arcidiacono, del direttore generale dell’Asp di Catania Giuseppe Giammanco, della risk manager dell’Ao Cannizzaro Anna Maria Longhitano, del risk manager dell’Asp di Catania Emilia Fisicaro, del commissario del Policlinico di Catania Giampiero Bonaccorsi e del risk manager dell’Ao Garibaldi Anna Colombo.
“Vorrei innanzitutto ringraziare gli studenti che tanto si sono impegnati per la riuscita di questa giornata – ha esordito il rettore Basile -. La nostra azienda si è sempre occupata di questa problematica, i cui casi purtroppo sono in aumento. Questo avviene perché i medici si devono confrontare con un numero sempre maggiore di batteri spesso sconosciuti. Dobbiamo quindi migliorare i canali assistenziali e la ricerca, che deve essere indirizzata in senso multidisciplinare, per scoprire più facilmente i nuovi agenti patogeni e quindi riconoscere in tempo la malattia”.
Nel corso della giornata sono stati proiettati due video testimonianze di Melissa Mead e Davide Morana. La prima nel 2014 ha perso il figlio William di appena un anno a causa della sepsi e da allora è ambasciatrice della campagna “Una mamma senza un figlio / A mother without a child”, promossa dalla UK Sepsis Trust con il Ministero della Salute e con Public Health England. La Mead è stata già ospite dell’Università di Catania nel marzo 2017, quando ha ricevuto dal rettore Basile la medaglia d’oro dell’Ateneo proprio per la sua attività di sensibilizzazione. Raccontando la tragedia che ha colpito lei e la sua famiglia la Mead ha spiegato il senso della sua battaglia: “Attraverso i social mi batto affinché nessun’altra donna provi il mio stesso dolore. Combatto tenacemente per far conoscere rischi e caratteristiche della sepsi perché se questa infezione fosse stata diagnosticata in tempo forse mio figlio sarebbe ancora vivo”.
“Come un batterio può cambiarti la vita in poche ore” è stato invece il titolo del video intervento di Davide Morana, un ragazzo palermitano e residente in Spagna di 24 anni. E la sua vita è davvero cambiata per sempre in pochissime ore, quando nel 2017 lo ha colpito una sepsi meningococcica. Quando si presentò in ospedale, dopo la diagnosi, gli fu consigliato di tornare a casa, perché non ci sarebbe stato nulla da fare. Gli dissero anche che i suoi genitori, i quali avevano preso il primo volo dall’Italia, difficilmente avrebbero trovato loro figlio vivo.
Eppure, nonostante le amputazioni di tutti e quattro gli arti Davide si salvò. “Sono fortunato perché posso raccontare la mia storia. Ora voglio tornare a correre, fare sport a livello paralimpico. E aiutare tutto il mondo degli amputati”.
Nel corso dell’incontro sono state presentate relazioni relative alla definizione di sepsi, ai criteri per il tempestivo riconoscimento, alle raccomandazione della consensus della Società italiana Medicina d’Emergenza – Urgenza (Simeu), alla terapia antibiotica empirica e una serie di casi clinici.
Al convegno sono state associate altre due iniziative di sensibilizzazione sulla sepsi: un torneo di Basket promosso da medici specializzandi, che si terrà fino al 15 settembre negli impianti sportivi del Cus e che vedrà impegnate quattro squadre (Cus Catania, Sport Club Gravina, San Luigi Acireale e Mens Sana Mascalucia) e l’assegnazione di un premio al migliore lavoro sulla sepsi realizzato da specializzandi. Al migliore lavoro un assegno di 300 euro per l’acquisto di libri e riviste scientifiche.