Valverde – Dopo il meritato successo della prima al Teatro Machiavelli di Catania torna il 30 giugno alle 21.00 al Giardino Dendron sito in Valverde “La ragazza di Mezra”, ultimo lavoro di Roberto Disma. L’opera teatrale apre la scena suscitando persino qualche risata tra gli spettatori, convinti che stiano assistendo a un tagliente lavoro di satira. Poi, in un crescendo sempre più forte e ostinato, si rivela quel tipo di messinscena che usa la finzione del palco per assestare un duro colpo, talmente forte che le lacrime non bastano per sfogarsi e, forse, non lascia neanche il tempo per elaborare il pianto del momento. E non può esistere spettacolo più contemporaneo di questo: la narrazione della traversata per terra dei cosiddetti “immigrati”, gli stessi che ognuno di noi incontra tutti i giorni ormai e che, dopo questo spettacolo, non riesci più a guardarli con gli stessi occhi. Una traversata narrata così dettagliatamente da non consentire il dubbio ad una mente lucida; e qua scatta la trappola di Disma, con un’abile e delirante manovra che mette in discussione l’intero sistema, sfociando in interventi come il monologo “La proprietà” che in breve tempo, da quando è stato estrapolato dallo spettacolo e caricato in rete, ha riscontrato migliaia di visualizzazioni. Non paura, né rabbia o angoscia, ma verità: questo il termine più adatto per definire “La ragazza di Mezra”, un fiume nascosto dai media all’opinione pubblica, denudata persino dell’abusato alibi dell’ignoranza, in un’ottica che fa comprendere con massima chiarezza quanta ipocrisia esista in ogni realtà, occidentale e orientale, che negli ultimi vent’anni e anche più ha sfruttato il fenomeno dell’immigrazione dall’Africa, causando la ripercussione dell’orrore degli ultimi anni: la tratta degli esseri umani, i lager libici. La scelta più audace e ambiziosa di Disma che, però, non rinnega l’originario obiettivo di valorizzare la figura della donna nella drammaturgia, come si evince già dal titolo che lascia non pochi indizi dello spettacolo come, ad esempio, la ricerca maniacale del dettaglio, persino in ambito filologico. Un essere umano identificato con la ricorrenza a un termine comune, “La ragazza”, e il termine gergale dei lager libici collocato come se fosse un nome proprio di persona, “Mezra”. E in questa ricerca d’identità è smascherato il comodo doppiogiochismo del Mondo Occidentale, i difficilissimi panni che veste Roberto Disma sulla scena, in grado di sviscerare un’antipatia così accesa che solo grazie all’imbarazzante riconoscimento del proprio io, lo spettatore torna in sé e rigetta ogni tentazione di linciare il personaggio meravigliosamente interpretato. Lo stesso può dirsi della sua compagna di scena, Valentina Sinagra, che dimostra un’abilità fuori dal comune in panni sofferenti e altrettanto scomodi, soprattutto in quanto donna. Come ha tenuto a spiegare in conclusione dello spettacolo, il progetto per la Giornata Internazionale del Rifugiato 2018 non mira ad una futile presa di posizione, ma a dare una corretta informazione su una tematica fin troppo utilizzata per fini commerciali e politici, raggiungendo definitivamente gli estremi di una testimonianza unica, sincera e imparziale.