Una commedia plautina dai toni poetici e una vicenda quasi fiabesca. Al Teatro Brancati di Catania – da venerdì 16 a domenica 18 settembre alle ore 21 (domenica ore 19) – va in scena una versione di Rudens di Plauto con la drammaturgia e la regia di Giuseppe Argirò che restituisce i toni farseschi e rutilanti della vis comica plautina, arricchita dalla poesia insita nella drammaturgia dell’autore di Sarsina. La commedia – prodotta da Artelè – è proposta nell’ambito di MediterrArtè – Classico Contemporaneo – Festival Internazionale delle realtà artistiche del Mediterraneo, promosso e organizzato da Artelè Catania e dedicato alle arti performative contemporanee.
Protagonisti gli attori Sergio Basile, Paolo Triestino, Luigi Mezzanotte che, affiancati da Elisabetta Arosio, Roberto Baldassari, Melania Fiore, Raffaella Alterio, Vinicio Argirò, sono impegnati in una partitura moderna, viva, che recupera l’etica della giustizia, non tralasciando il divertimento e la leggerezza dei personaggi che animano questa fiaba moderna, questa storia senza tempo.
La vicenda è ambientata sulle coste africane: lo sfondo è il mare con tutto il suo mistero e il suo fascino. L’ambiente marino diventa la cornice ideale al dipanarsi dell’intreccio tipico della commedia nuova. Una ragazza rapita in giovane età, sottratta all’affetto del padre da un ruffiano senza scrupoli, deve essere venduta a un giovane innamorato, ma Labrace, il lenone, e il suo compare Carmide nel tentativo fuggire e non mantenere l’impegno con il giovane Plesidippo fanno naufragio sulla spiaggia di Cirene nei pressi del tempio di Venere.
Da questo momento la vicenda si sviluppa con l’aiuto dei servi ritratti con maestria e arguzia da Plauto che ne mette in risalto il carattere cinico e spregiudicato a tratti irriverente che accentua la differenza tra le classi rivelando un anelito irrinunciabile alla libertà.
Evidente è il tema della fides che mette in primo piano il tema giuridico della commedia: il diritto che tutela gli equilibri, assicurando la punizione degli sfruttatori e il giusto risarcimento affettivo al padre attraverso il riconoscimento della figlia. Un’agnizione resa possibile dal pescatore Gripo che svela anche il nome della commedia recuperando lo scrigno di Palaistra, figlia di Daimone. Il baule è appunto legato da una fune, “rudens” che rimane impigliata nelle reti dello schiavo pescatore.