La recente emanazione del Codice dei contratti pubblici ha rappresentato un importante punto di svolta, perché per la prima volta a livello normativo si prevede espressamente, e si disciplina, l’utilizzazione dell’Intelligenza artificiale come strumento per l’aggiudicazione di appalti pubblici. Per migliorare la propria efficienza, si legge nell’art. 30, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti provvedono, ove possibile ad automatizzare le proprie attività ricorrendo a soluzioni tecnologiche, ivi incluse l’intelligenza artificiale e le tecnologie di registri distribuiti, nel rispetto delle specifiche disposizioni in materia.
Esistono già alcuni esempi virtuosi, nel nostro Paese come all’estero, che dimostrano come questa tecnologia possa migliorare l’efficienza, la trasparenza, l’economicità e la tempestività, garantendo al tempo stesso la prevenzione della corruzione e il rispetto dei principi di libera concorrenza e non discriminazione, in materia di affidamento ed esecuzione di appalti di opere, lavori, servizi, forniture e concessioni.
Tali modelli dimostrano come l’IA possa essere un potente strumento per migliorare i processi di gestione degli appalti pubblici. Rimangono tuttavia diverse questioni aperte che toccano diversi profili, tecnici e operativi ma anche giuridici che sono stati approfonditi nel convegno sul tema “Contratti pubblici e intelligenza artificiale” che è tenuto venerdì 29 novembre nell’aula magna del Palazzo centrale dell’Università di Catania.
Organizzato dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Catania con il patrocinio della Scuola Nazionale dell’Amministrazione, dell’Autorità Nazionale Anticorruzione e dell’Ufficio Studi della Giustizia Amministrativa e il coordinamento scientifico dei professori Remo Morzenti Pellegrini (vicepresidente SNA e docente dell’Università di Bergamo) e degli amministrativisti Unict Sebastiano Licciardello e Giovanni Fabio Licata, il convegno è stato introdotto dagli indirizzi di saluto del rettore Francesco Priolo, del sindaco Enrico Trantino, del prefetto Maria Carmela Librizzi, del direttore del Dipartimento di Giurisprudenza Salvatore Zappalà e del consigliere dell’Ordine degli Avvocati Elio Guarnaccia, che hanno tutti sottolineato l’urgenza di avviare una riflessione sulle criticità che rimangono tuttora su questa questione, a fronte degli indubbi vantaggi che scaturiscono a beneficio degli interessi pubblici, sia dal punto di vista degli amministratori che dei cittadini. È stato anche approfondito un aspetto correlato, ovvero come tali strumenti vengano acquisiti da parte del settore pubblico, analizzando quindi l’Intelligenza artificiale come oggetto di acquisto e di uso da parte delle pubbliche amministrazioni.
L’impiego dei sistemi di IA in questo particolare settore presenta infatti diverse problematiche, a livello di trasparenza e comprensibilità, di discriminazione e bias, ossia i pregiudizi presenti nei dati di addestramento, portando ad eventuali decisioni discriminatorie, ma anche di conformità alle normative esistenti che impongono ad esempio, requisiti rigorosi sulla gestione dei dati e la protezione della privacy, ma anche di responsabilità e accountability, rendendo difficile determinare chi è responsabile per le decisioni automatizzate, specialmente quando l’IA sostituisce il giudizio umano.
Gli interventi del presidente dell’Autorità nazionale Anticorruzione Giuseppe Busia e del presidente di sezione del Consiglio di Stato Vincenzo Neri, coordinatore Ufficio studi e formazione della Giustizia amministrativa, hanno inaugurato la sessione presieduta dal prof. Morzenti, il quale ha evidenziato come «la digitalizzazione e l’automazione ridefiniscano di fatto i confini del diritto amministrativo, influendo sull’efficienza e la trasparenza e sulla discrezionalità delle decisioni pubbliche», introducendo poi i contributi dei docenti Aristide Police (Luiss), Anna Romeo (Unime) e Diana Urania Galetta (Unimi).
«Parliamo di presente, non di futuro – ha premesso il presidente Anac Busia -, l’Intelligenza artificiale è quotidianità. Dobbiamo essere consapevoli che si tratta pur sempre di uno strumento, che può essere utilizzato con finalità positive o negative. Il tema aperto, specialmente nell’ambito di scelte amministrative che si riflettono sulla collettività, è quello della raccolta dei dati che alimentano i sistemi di IA, che vanno considerati patrimonio pubblico in grado di tracciare scenari descrittivi ma anche previsionali». «Vedo molte opportunità per tutti, soprattutto per i cittadini – ha aggiunto il presidente Neri, nella sua lunga disamina che ha esaminato il contesto normativo europeo e italiano -. I rischi dobbiamo metterli in conto, primo fra tutti la pigrizia. La tentazione cioè di affidarsi totalmente agli strumenti senza effettuare controlli e verifiche. La soluzione sta, a mio avviso, nella cosiddetta ‘riserva di umanità’, anche sotto il profilo delle responsabilità, rifuggendo l’esclusività della decisione algoritmica, come del resto suggerisce anche il recente EA Act dell’Unione europea improntato su una visione antropocentrica».
«Adesso siamo pienamente consapevoli che le tecnologie non sono neutre – ha rilevato il presidente di sezione del Consiglio di Stato Michele Corradino -, ma sono frutto di scelte influenzate da fattori umani, quali quelli delle grandi piattaforme private, produttrici di tali tecnologie, che hanno interessi economici e politici alla pari di molti Stati. A questo proposito, alcune delle categorie che si applicano alla regolamentazione dell’utilizzo dell’Intelligenza artificiale, come la conoscibilità degli algoritmi e la non esclusività nelle decisioni finali, sembrano addirittura obsolete».
«I Parlamenti di tutto il mondo già utilizzano strumenti di questo tipo per la scrittura dei testi di legge, per ridurre l’oscurità dei dettati normativi, o per la trascrizione degli interventi in aula, con benefici evidenti – ha evidenziato la costituzionalista Ida Nicotra, intervenuta nella seconda sessione insieme con i colleghi Salvatore Cimini (Unite), Barbara Boschetti (Cattolica), Michela Passalacqua (Unipi) e Francesco Manganaro (Unirc) -. Le scelte che impattano sulla vita dei cittadini, però, devono rimanere appannaggio della politica, a tutela del principio di uguaglianza e degli altri principi immanenti nelle Costituzioni che mettono al centro di tutto la persona».