“Piccolo è bello” alla sua V edizione esprime un paradosso: perché di piccolo possiede solo il nome in quanto la scelta di unire idealmente i due beni patrimonio UNESCO della città di Catania in una connessione di bellezza senza soluzione di continuità tra l’imponente plesso architettonico dei Benedettini, e l’Etna con la variegata produzione di vini, olii e distillati vulcanici, che sono piccoli sì ma tanti come numero: 115 le cantine e 6 le distillerie del vulcano partecipanti, circa 20 le produzioni di olio e le 1500 persone intervenute durante la domenica dell’ 11 giugno, ci fanno riflettere che di “piccolo” c’è soltanto, la modestia e il lavoro alacre della sua organizzatrice, Agata Arancio e del suo team di riferimento. Degustazioni di olio e di vino con grandi nomi nazionali hanno coronato una giornata ricca di incontri, tra i produttori e i consumatori. Al microfono di SR.it il nostro responsabile editoriale, l’avv. Claudio Basile si fa raccontare il successo crescente della manifestazione da: Paolo Di Caro, presidente della Fondazione Italiana Sommelier, Agata Arancio ideatrice e madrina dell’evento, unitamente alla giornalista Valeria Lopis responsabile della comunicazione e a Giampaolo Gravina docente al Master in Wine Culture dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e al Master in Filosofia del cibo e del vino dell’Università Vita & Salute di Milano.
Agata Arancio: “Raccontiamo dei tasselli che compongono la molteplicità dei vini dell’Etna una realtà macro composta da grandissimi personaggi un’umanità molto importante un territorio da raccontare una storia da raccontare e ci mettono l’anima e il cuore hanno una visione futura che rispetta l’ecosostenibilità rispecchia delle filosofie un po’ più naturali grandi qualità di vini e di olio nei piccoli ecco spiegato il paradosso iniziale. Facciamo dei percorsi che riguardano i sommelier dell’olio e i prodotti tipici…il futuro è continuarlo a portare in città e anche fuori dalla città l’Etna in questo momento è un leitmotiv è l’1,4% della produzione nazionale”.
Gianpaolo Gravina: “Quando il vino è diventato il mio mestiere è stato bello ritrovare una connessione con un pezzo del mio vissuto, non avrei mai pensato di fare una degustazione al Monastero dei Benedettini, che è un luogo dell’anima, per me lo è stato. Oggi trovarlo così popolato di vitalità brulicante, di piccole e medie aziende, un rilancio che viene dal basso, ma che viene “da fuori”, ormai sembrava una sorta di aristocrazia invece oggi è un laboratorio. Questi vignaioli, che non hanno santi in paradiso, che non hanno investimenti e fondi, che non hanno famiglie che hanno tramandato un’esperienza vitivinicola. E la provocazione è che il vero vino da invecchiamento sarà il bianco secondo la degustazione complessa che abbiamo fatto stasera, aspettiamo che quei dieci, dodici, quindici anni in bottiglia restituiscano al bianco uno smalto, una eloquenza, una vitalità espressiva, che magari il luogo comune non voleva riconoscere, un fronte di contrade varie che esprimono una novità assoluta per la Sicilia”.